Questo testo è stato interamente pensato e scritto per il nostro blog da Luca Ravinetto, maestro di golf e raffinato scrittore. A lui un grazie di cuore (Sauro Legramandi)
Questo racconto è la storia del Golf unita alla storia comune, ogni evento citato è assolutamente vero, tratto da libri di storia e niente è di fantasia. La storia racchiude il germe di tante cose che ci accadono continuamente, a conoscerla si capisce meglio ciò che sta succedendo, a non conoscerla ci si frega con le proprie mani.
Scopriremo che Cristoforo Colombo è stato un prototipo di Golfista, che Venezia non affonda grazie a un’infinità di shaft, che Napoleone non rispettò lo “Spirit of the Game”, che l’azienda Pirelli è legatissima al Golf, che il British Open è per gli Scozzesi una estensione dei loro confini di Stato e che fino al 1979 le gare di Golf erano ancora soggette al presbiterianesimo. Vedremo che ai golfisti è inutile dirgli di “non farlo”.
Scopriremo che il Golf è uno Stato autonomo, i primi che l’hanno giocato hanno anche dettato le regole e le usanze e se vuoi averne la cittadinanza devi fare come hanno fatto loro; se non lo vuoi fare puoi sempre confidare nell’ospitalità di persone gentili.
Del Golf puoi esserne cittadino o puoi esserne turista.
In principio fu la clava. Quindi Ercole…
Mi piace pensare che abbiamo sempre avuto voglia di giocare a Golf.
Fin dalla preistoria, avere un bastone in mano è sempre stato fonte di sicurezza, all’inizio fu la “clava”.
Con la clava si potevano accoppare i nemici, bastonare gli animali pericolosi, tirare giù i frutti dai rami, ma anche colpire i sassi che si trovavano sparsi qua e là. Adesso l’ovvia domanda è: gli uomini preistorici si saranno mai sfidati a chi tirava il sasso più lontano colpendolo con quel bastone?
La clava ci accompagnerà per molto tempo ancora, la usavamo per uccidere serpenti a più teste e leoni inferociti come faceva il dio greco Eracle aggirandosi nei boschi. Eracle probabilmente la usava anche per far star zitta la madre Era che per i Greci era la Dea del matrimonio e della fedeltà.
Avere un bastone in mano sarà anche negli anni a venire simbolo di potere.
La storia andò avanti e per i Romani Eracle diventò Ercole, il forzuto amante dello sport. La figura di Ercole era presente in moltissime palestre e sempre con un bastone in mano, la sua voglia di viaggiare era già famosa nei tempi antichi e non a caso lo stretto di Gibilterra è ancora famoso come “Colonne d’Ercole”. Insomma questo Ercole amava lo sport, girava il mondo, era sempre in mezzo ai boschi e aveva un bastone in mano; Ercole era un golfista provetto.
I Romani praticavano uno sport che poco aveva a che vedere col nostro Golf, si chiamava Paganica, di fatto erano molto più attratti dal Colosseo e per vedere un circolo di golf a Roma bisognerà aspettare il 1903.
Inutile continuare a stare in Grecia e in Italia, per parlare di Golf bisogna andare al nord, parecchio più a nord.
Dagli Scozzesi al Rinascimento
Scozia: anno 1452, stava per finire la “Guerra dei Cento Anni” e i golfisti erano moltissimi, c’era già un discreto commercio di palle e bastoni. Durante il conflitto gli Scozzesi avevano imparato il Jue de Mail dai Francesi, gioco di astuzia con palla e bastone. Gli Scozzesi ci aggiunsero i loro spazi aperti, la loro pioggia e tanta forza per tirare più lungo. Questo è l’inizio del Golf come lo conosciamo oggi. Datato 1452 è un documento che attesta la compravendita di una palla da golf.
I primordi del Golf sono coevi al periodo del Rinascimento italiano. In Italia questi furono anni “geniali” e proprio nel 1452 ad Anchiano nacque quel furbacchione di Leonardo da Vinci che con leve, carrucole e calcoli anatomici sarebbe stato sia un ottimo club-fitter, che un buon preparatore atletico.
Il Golf di oggi è un tripudio di numeri e geometria, angoli e linee la fanno da padrone, quindi ai golfisti più esperti viene spontaneo guardare l’Uomo Vitruviano e pensare a un calcolo primordiale sull’ampiezza dell’arco dello swing.
Nel 1453 finì la “Guerra dei Cento Anni”. I Turchi Ottomani conquistarono Costantinopoli ponendo fine all’Impero Romano d’Oriente.
Mentre Leonardo si divertiva a girare per boschi cercando lucertole da sezionare piuttosto che capire come fanno gli uccelli a volare, gli Scozzesi continuavano a tirare colpi a una palla di legno (i sassi non gli piacevano già più!). E piano piano cominciarono a risolvere problemi aerodinamici: la loro palla volava sempre più lunga e non potevano più stare a giocare nelle strade della città di Edimburgo. Si spostarono nel Leith (oggi il porto a nord di Edimburgo) che altro non era se non la zona costiera della città.
Il Golf messo al bando
Nel 1457 il gioco del Golf venne bandito da James II. In effetti il re scozzese aveva ben altri problemi a cui pensare che allo slice o a dove droppare la palla. Nel 1455 era iniziata infatti la guerra fra i Lancaster e gli York, una guerra inglese che minacciava i confini scozzesi e che diventerà famosa come “Guerra delle due Rose”.
I golfisti del tempo erano esattamente come quelli d’oggi, se gli dici di non farlo è peggio. Il gioco non accennò a nessun declino, in fondo gli Inglesi si stavano ammazzando fra di loro e agli Scozzesi non importava poi molto. Pertanto il Golf dovette essere bandito nuovamente nel 1471 e nel 1491.
La guerra fra i Lancaster e gli York terminò nel 1485, i confini non erano più minacciati e gli Scozzesi avevano bisogno di qualcosa per dimenticare i brutti colpi da golf, la birra non era abbastanza alcolica e per rimediare al dolore delle palle perse nel 1494 crearono l’whisky, proprio come lo conosciamo oggi. Durante gli anni in cui gli Scozzesi cercavano di inventare l’whisky, Cristoforo Colombo si concentrò sul suo viaggio più famoso.
Colombo e la routine più sbagliata della storia
Colombo si rivelò un golfista mancato, fece un’infinità di calcoli (15 anni per l’esattezza) per andare in un posto, ma poi andò tutto da un’altra parte. Probabilmente la “routine” meno riuscita di tutti i tempi. La storia è famosa: ritenendosi più furbo di tutti e convinto come non mai di aver fatto tutti i conti giusti, decise che per raggiungere più rapidamente l’India (che sulla cartina stava a destra) era meglio andare a sinistra. Allora ditemi voi se non è un golfista perfetto? Quindi salpò da Palos de la Frontera, invece dell’India trovò l’America.
Proprio come un golfista, convinto di aver fatto tutto giusto, dopo il terzo viaggio sarà ancora convinto di aver trovato l’India.
Comunque non tutto fu vano, dopo 435 anni si disputerà il primo match America contro Europa, chiamato Ryder-Cup Matches. Grazie Colombo!
Il golf apre alle donne. E il re se ne approfitta
Intanto nel 1502 James IV firmò un trattato di pace col re inglese Henry VII e nel 1503 si sposò con la figlia di Henry, Margareth. Questo matrimonio assicurò la pace fra i regni di Scozia e Inghilterra. I golfisti poterono tornare a colpire le palle di legno con bastoni costruiti sempre meglio. Ognuno voleva essere il più bravo col suo volo di palla personale e proprio in questi anni nacque il loft della faccia del bastone nel tentativo di far volare la palla più alta o più bassa a seconda delle necessità.
Con Margareth il Golf diventò un sport anche femminile, giocava spessissimo a Golf proprio a St.Andrews e Cristina d’Aragona scrisse in una sua celebre lettera al Cardinale Wosley “…per fortuna i re inglesi sono occupati a giocare a Golf”. In realtà suo marito, il Re Henry VIII, la tradiva con la famosa Anna Bolena. Henry avrà usato il Golf per nascondere qualche scappatella? Forse, non lo sapremo mai, ma il dubbio è d’obbligo.
Mentre gli Scozzesi cominciavano a capire che quella palla era causa di frustrazioni mai provate prima, nel 1502 in Italia eravamo in forma smagliante. Il Rinascimento stava vivendo i suoi anni d’oro, Leonardo e Michelangelo si davano da fare e mentre il primo dava origine alla Gioconda, il secondo creava il David.
Il Golf iniziò a espandersi rapidamente in tutta la Scozia. Mentre in Italia ci si occupava di quadri, statue e architettura, gli Scozzesi continuavano a domandarsi quali fossero le migliorie necessarie per mandare quella pallina sempre più lunga e sempre più dritta.
Tra Venezia e il Golf c’è il legno di ontano
A Venezia bisognava sorreggere palazzi bellissimi sulla palude acquitrinosa, mentre gli Scozzesi avevano bisogno di uno shaft che resistesse agli urti e impermeabile all’acqua, ma non troppo pesante. Paesi diversi, problemi diversi, stessa soluzione: il legno di ontano. Adesso noi golfisti sappiamo che Venezia si regge su un’infinità di vecchi shaft!
Il problema della testa del bastone fu un po’ più facile, la testa veniva cambiata molto spesso perché si rompeva e deformava facilmente in seguito ai vari urti. Inoltre gli Scozzesi avevano capito l’importanza della velocità periferica (che quel genio di Leonardo abbia dato loro una mano?). Così optarono per il biancospino, un legno molto pesante e facilmente reperibile, ma soprattutto era anche un ottimo combustibile. Pensate bene! I golfisti del tempo potevano tornare a casa e buttare la testa del bastone nel camino dopo un brutto tiro: che bello sfogo!!
La palla continuava a dare problemi, non andava dritta! Si convinsero che il problema fosse nell’attrezzatura e piano piano riuscirono ad ottenere una palla quasi perfettamente tonda. Proprio in questi anni, quando sembrava che la palla potesse andare dritta senza tanti problemi, arrivò la religione a rompere le uova nel paniere.
Come conciliare Golf e fede?
Nel 1574 il presbiterianesimo diventò la religione ufficiale della Scozia e per i golfisti il “gioco” si complicò. In Europa l’Inquisizione era cominciata e a non rispettare le indicazioni della Chiesa si rischiava grosso. Nel 1592 la fedeltà alla Bibbia doveva essere massima, le attività ludiche domenicali vennero vietate e siccome i golfisti per non farsi beccare cominciarono sempre più spesso a giocare lontano dalla città, il divieto di giocare a Golf durante la domenica venne scritto a chiare lettere come “divieto assoluto dentro e fuori dalla città”.
Oggi ci sono innumerevoli quadri che ironizzano su questa legge raffigurando golfisti che vengono colti in flagrante da presbiteriani con la Bibbia in mano. Può sembrare una burla o uno scherzetto, ma in Scozia il fatto di non praticare attività ludiche la domenica era cosa seria. Gli Scozzesi sono patriottici e attaccati alle tradizioni: per uscire dal periodo dell’Inquisizione sostituirono le streghe coi fantasmi, che ancora oggi si aggirano nei vari castelli. Così, per quanto riguarda il Golf, non vollero cambiare.
E per vedere The Open terminare il giorno di domenica si dovrà attendere fino al 1980.
Il fantasma di Severiano
Probabilmente la decisione fu presa dopo che nel 1979 uno spagnolo di nome Severiano Ballesteros vinse al Lytham & St. Annes con un gioco mai visto prima. Palle ingiocabili, ganci senza controllo e fairway mancati di continuo, con tanto di un tiro da un parcheggio, devono averli svegliati da un sonno profondo lungo quattro secoli.
Lasciamo Severiano sperando che il suo fantasma si aggiri ancora in qualche alto rough e torniamo alla fine del sedicesimo secolo. Proprio nel periodo culmine del calvinismo scozzese nacque e visse James Melville, figlio del teologo-cattivissimo-presbiteriano Andrew Melville. James studiava all’università di St. Andrews, era allievo di John Knox, il fondatore del presbiterianesimo. Quindi se la mela non cade lontana dal melo, James avrebbe dovuto stoppare le attività ludiche soprattutto la domenica. Ma non andò così. Oltre che a giocarlo ne fece anche un business.
L’inizio del 1600 fu pieno di eventi. La scienza e la Chiesa cominciarono a scontrarsi sempre più spesso. Nel 1608 Keplero formulò la prime legge sulle orbite dei pianeti, ma per vedere le “palle” girare non c’era bisogno di guardare il cielo. Ancora loro, gli Scozzesi lo sapevano già da parecchio. Ora anche a Londra, con la fondazione del Royal Blackheath, un campo a sette buche oggi non più esistente, avevano scoperto che la palle raramente volano dritte.
Nel 1618 cominciò la “Guerra dei Trent’anni”, ma i golfisti scozzesi non ne vollero sapere di smettere di giocare.
Il business delle prime palline low cost
Qualche riga fa vi ho menzionato James Melville che, in barba al padre al maestro e a tutto il presbiterianesimo, diventò il primo costruttore di palle da golf con diritto di monopolio. James ne garantì il prezzo basso grazie alla creazione della featherie, una palla costruita con piuma compressa in un involucro di pelle. Il prezzo massimo garantito fu di 4 scellini. Con il prezzo della palla così basso venne spontaneo giocare più spesso.
La religione provò a mettere dei freni ma i golfisti sanno ottenere quello che vogliono. Le pressioni sul re furono talmente tante che James VI (primo ad unire le corone di Scozia, Irlanda e Inghilterra) si vide costretto a emanare un decreto apposito. Nel testo “viene concesso ai golfisti di giocare a Golf dopo che hanno espletato i loro doveri col Signore”. Evidentemente i golfisti erano già irremovibili dalle loro idee come i monoliti di Stonehenge dal Wiltshire…
Nel 1632 la prima vera vittima del Golf
La featherie di James non era mai perfettamente tonda ma la sua resistenza era ottima. Il primo a capirne la vera durezza fu il giovane Thomas Chatto della contea di Kelso (Aberdeen). Il primo febbraio del 1632, mentre il giovane Thomas stava guardando una sfida giocata nel terreno della chiesa del paese, fu colpito da una palla featherie nell’interno di una gamba. L’urto fu molto violento e il giovane Thomas morì poco dopo proprio a causa del colpo. La morte di Thomas Chatto dette origine alla prima causa golfistica documentata.
Mentre nel 1632 in Scozia ci scappava il primo morto per una pallata da golf, nello stesso anno in Italia Galileo Galilei pubblicò “Dialogo sopra i due massimi sistemi del Mondo”. Lui nel 1633 venne processato, ma il processo fu un esempio di farsa all’italiana. Galileo abiurò ma poi venne condannato lo stesso e l’esempio sarà esemplare per molti italiani a venire. Infatti le preghiere che doveva recitare le poteva far recitare alla figlia Maria Celeste e l’esilio lo passò in molte bellissime ville fra Roma, Siena e Firenze.
Scozia-Inghilterra, la prima gara internazionale
Col passare degli anni il Golf continuò a mietere vittime senza distinzioni di classe. Charles I of England, il figlio diretto del sopracitato James VI, quando gli fu detto della “rivoluzione irlandese” nel 1641, stava giocando a Golf: fregandosene completamente, continuò a cercare di mettere la palla in buca. Speriamo per lui che quel giorno abbia giocato un buon Golf perché per quella leggerezza si trovò ad affrontare la successiva “guerra civile inglese”. In seguito il tribunale inglese lo accuserà di alto tradimento. Venne decapitato nel 1649.
Alla fine del ‘600 il Golf era già pratica diffusa in tutta la Scozia. Se ne parlava in famiglia, con gli amici e nei club cittadini. L’Inquisizione aveva i giorni contati e in molti posti era già terminata. I presbiteriani non riuscivano a fermare la scienza e nel 1681 venne giocato il primo match di Golf Internazionale Scozia vs Inghilterra. John Peterson insieme al Duke of York (al tempo era il re scozzese James VII) vinsero contro due nobili inglesi.
Nel 1687 Isaac Newton pubblicò il suo libro più importante “Legge di Gravitazione Universale”. Però ai golfisti del tempo premeva maggiormente la questione dei green in regulation. Così lo studente in medicina di Edimburgo, Thomas Kincaid, scrisse nel suo diario personale una serie di istruzioni per giocare al meglio il gioco del Golf. Thomas Kincaid fu a tutti gli effetti il precursore del golfista moderno di qualsiasi nazionalità; lui sapeva come si giocava a Golf ed era determinato a insegnarlo a tutti!
“St. Andrews, metropolis of golfing”
Alla fine del ‘600 St. Andrews venne descritta come “metropolis of golfing”. Negli stessi anni nacque la massoneria, l’essere umano comincia ad unirsi in club per “fare cose e vedere gente”. Questo periodo fu il trampolino di lancio dell’Illuminismo. Quando l’essere umano è illuminato fa cose stupende come Swift nello scrivere nel 1726 “I viaggi di Gulliver” o un gruppo di Scozzesi nello scrivere “Le regole del golf” nel 1744, lo stesso anno nacque l’ Honorauble Company of Edinburgh Golfers, il primo circolo di golf, oggi è famoso col nome di Murfield.
Anche in Italia cercavamo di divertirci in qualche modo e nel 1721 vennero scritte le regole, ancora in vigore, del Palio di Siena.
Il diciottesimo secolo fu il periodo in cui si diceva che è bello stare insieme. Si radicava il mito del “Buon Selvaggio” e l’essere umano scopriva di poter essere migliore di quello che era stato negli ultimi tempi. Il regno di Gran Bretagna mise insieme Scozia e Inghilterra (ad oggi sembra che non siano stati ancora avvisati di questa unione) e intanto in America se le davano di santa ragione fra Nordisti e Sudisti.
Nel 1754 venne fondato il Golf Club St. Andrews. Probabilmente i golfisti cominciarono a provare una felicità nuova per il ritrovamento di palle perse da altri giocatori: così nello stesso anno Horace Walpole coniò il termine “serendipità”.
1759: in Scozia nasce lo Stroke Play
Nel 1756 iniziò un’altra guerra, quella dei “Sette anni”, l’Inghilterra venne coinvolta in pieno. Francia, Prussia, Austria, Spagna e Russia dettero origine a un conflitto mai visto prima. Tutti si ammazzavano a vicenda ma agli Scozzesi non importava nulla: il Golf ormai era diventato uno sport così tanto praticato che la formula match-play non poteva far giocare tutti i partecipanti alle gare. Così, in barba alla guerra che li stava circondando, nel 1759 giocarono le loro prime gare Stroke Play.
Nel 1764 i bastoni erano migliorati e le traiettorie dei colpi si allungarono a tal punto che le buche più corte furono unite fra di loro, fu così che il percorso di St. Andrews passò dalle originarie 22 buche alle attuali 18.
Napoleone, i conti si fanno sempre alla diciotto
Negli anni a seguire il numero di campi da Golf crebbe. Il gioco non subì grandi modifiche e mentre gli Scozzesi giocavano, Napoleone si mise in testa di conquistare il mondo.
Napoleone si autoincoronò imperatore di Francia nel 1804 e re d’Italia nel 1805, evidentemente non aveva mai giocato a Golf e quindi non era a conoscenza dello Spirit Of Game altrimenti avrebbe saputo che “i conti si fanno sempre alla diciotto”. Non solo: non sapeva che “lo score deve sempre essere firmato dal marcatore”. Se cosi non fosse si sarebbe fatto incoronare da qualcun altro e non sarebbe stato buttato fuori dalla Francia. Quando nel 1815 perse a Waterloo, a St. Andrews nacque Alan Robertson, quello che sarà il primo “migliore dei golfisti”.
Napoleone morì nel 1821 lo stesso anno in cui nacque un’altra leggenda del Golf, Old Tom Morris. Le due date “mortali” di Napoleone corrispondono con la nascita del Golf professionistico. In qualche modo i Francesi hanno spesso “concesso” sé stessi alla Scozia, spesso per un astio comune verso gli Inglesi. Diversamente gli Scozzesi non hanno mai concesso molto ai Francesi. Avrebbero potuto farlo a Carnoustie, nel 1999, ma poi ci hanno ripensato scagliando una maledizione sull’aquitano Jean Van de Velde. Jean perse il British Open facendo un disastroso triplo bogey all’ultima buca, vedendosi costretto al play-off ma deluso per il disastro combinato davanti agli occhi di tutto il mondo, perderà proprio con lo scozzese Paul Lawrie. Ditemi voi se questa non è “malchance”?
L’importanza di essere Robertson e Morris
Lasciamo i disastri golfistici di fine millennio e torniamo al 1800.
Vi raccontavo che Robertson e Morris sono in assoluto l’origine del Golf professionistico. Allan Robertson è ritenuto il primo professionista di Golf e contemporaneamente la “causa” di quello che diverrà The Open. Old Tom è ritenuto il primo campione di Golf.
In questi anni gli Inglesi non riescono a starsene buoni nella loro isola. Invadono i paesi ma per il principio del “bastone e la carota” dopo qualche cannonata e qualche colpo di baionetta cercano di divertirsi col popolo invaso. Nel 1829 in India nasce il primo Golf Club fuori dalla Gran Bretagna, il The Royal Calcutta Golf Club.
Nell’attrezzatura per vedere un cambiamento importante si dovette aspettare il 1848. In quell’anno la palla cominciò a essere costruita in gutta percha, una gomma usata anche per rivestire i cavi sommersi e quelli dei telegrafi. In questo modo si permise una costruzione standardizzata e una durata quasi infinita. La Gutty come veniva chiamata, tirò fuori il lato commerciale di Old Tom Morris che proprio nel 1848 aprì il suo negozio cominciando a vendere quella che veniva chiamata la “Palla dei Professionisti”.
La pallina che fede la fortuna di Pirelli
La gutta percha non passò inosservata nemmeno in Italia. Da noi infatti portò tanta fortuna anche a un figlio di panettiere che diventò un grande imprenditore italiano, Giovanni Battista Pirelli.
Il 1848 fu l’anno dell’inizio della Guerra d’indipendenza, delle Cinque Giornate di Milano, della carica di Pastrengo (la vittoria Italiana lunga un giorno seguita dalla catastrofe dei giorni dopo) e l’anno in cui Andersen scrisse “La piccola fiammiferaia”.
Nel 1851 la ferrovia arrivò fino a St. Andrews e i golfisti probabilmente cominciarono a pensare a fare le prime golf clinic lontano da casa. Old Tom Morris andò a fare il green-keeper a Prestwick sulla costa occidentale, perché la manutenzione di un campo da golf era già diventata una cosa seria. Purtroppo questo decennio, ricco di nascite di campi da golf, si concluderà con la morte di Allan Robertson nel 1859. Qualche riga più su vi ho detto che lui fu la “causa” del futuro “The Open”. Andò così: tutti i giocatori (suoi amici e sfidanti) decisero che per stabilire chi fosse il migliore dopo Robertson si sarebbe dovuta giocare una gara su 36 buche in un giorno solo. L’anno dopo la sua morte si giocò quello che fu il primo British Open.
La magia del British mentre l’Italia…
Il British del 1860 venne giocato a Prestwick e la sua prima edizione cominciò subito con la magia che ancora oggi lo contraddistingue. Fra tutti i pretendenti vinse col punteggio di 174 colpi Willie Park, che di certo non era fra i favoriti. Willie vinse una cintura in marocchino rosso chiamata Challenge Belt. La Claret Jug, che tanto ci piace, spuntò solo nel 1872.
Nel frattempo in Italia di Golf non se ne voleva proprio sapere. Ci stavamo specializzando nel mangiare e bere ed eravamo in pieno Risorgimento. Nel 1860, l’anno del primo British Open, eravamo occupati a metterci insieme, furono gli anni di Cavour e Mazzini e dal porto di Quarto, vicino a Genova, il massone e Generale Giuseppe Maria Garibaldi salpò con 1162 uomini… nel tentativo di unificare il Regno d’Italia.
Testo a cura di
Luca Ravinetto, maestro di golf, scrittore e ideatore di percorsidigolf.com
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