E’ finita a tarallucci, dollari e vino la guerra dei due mondi del golf. Dopo due anni dove è accaduto di tutto (minacce, insulti, licenziamenti, denunce e contro-denunce) PGA Tour e LIV Golf hanno annunciato l’intenzione di fondersi in una sola società. E il DP World Tour si accoda all’inatteso flirt PGA/LIV.
di Sauro Legramandi
Chi segue il golf avrà già capito la portata dell’accordo tra americani e sauditi, tra Jay Monahan, (oggi commissioner di PGA Tour e domani a.d. del nuovo circuito) e Yasir Al-Rumayyan (oggi governatore del Public Investment Fund e domani anche presidente del nuovo circuito).
La controrivoluzione è ancora tutta in divenire. Andiamo per punti.
PGA/LIV, cosa è successo
Da nemici giurati ad alleati: così, nella sorpresa mondiale martedì 6 giugno PGA Tour e LIV Golf hanno siglato e reso noto l’armistizio. La trattativa è durata sette settimane, senza nessuno spiffero al punto che i diretti interessati (ossia i professionisti) l’hanno saputo prima da Internet che dal proprio “datore” di lavoro. E non l’hanno proprio presa bene bene…
I contenuti dell’accordo sono ancora generici. Sul medio periodo PGA, DP e PIF (il fondo sovrano saudita che finanzia la SuperLega araba) daranno vita a “una nuova società a scopo di lucro” che gestirà il golf sul pianeta Terra. Il PGA Tour avrà una quota di maggioranza nella nuova impresa. Il PIF Saudi International investirà nell’impresa. Ancora senza nome la futura società. Impossibile immaginare il ruolo avuto da DP World Tour nella trattativa e il peso che avrà nella società di domani.
Il ramoscello d’ulivo porta con sé anche la rinuncia a tutte le dispute in sede legale tra i vari circuiti.
LE PAROLE – Frasi di circostanza dai vertici dei due fronti. Per Mohanan “loro stavano seguendo la loro strada, noi la nostra. Dopo una lunga introspezione ci si rende conto che tutta questa tensione nel gioco non è una buona cosa”. Poco diverso il concetto della controparte: “Abbiamo una responsabilità nei confronti del nostro tour e del gioco. Abbiamo ritenuto che fosse il momento giusto per parlarne”.
Cosa cambia
Le certezze per ora finiscono qua mentre gli interrogativi si moltiplicano di ora in ora. Non si sa come sarà strutturato il golf targato PGA/LIV nel 2024. I nomi dei tre tour potrebbero rimanere ma dovrebbero far capo a una proprietà unica. I calendari verranno bilanciati in chiave pubblicitaria e mediatica. Probabilmente l’idea LIV di organizzare gare a squadre di professionisti verrà mantenuta su PGA e DP.
Impossibile capire se si giocherà su quattro giorni o su tre: mantenere la doppia formula senza un meccanismo di compensazione renderebbe difficile il conteggio dei punti in chiave World Ranking.
CAPITOLO GIOCATORI – Da un punto di vista tecnico siamo nel caos più totale: come gestire la transizione da due circuiti che si sono mai parlati? Chi ha scelto i petrodollari per due anni (perdendo dai punti del ranking alla Ryder Cup a Roma) verrà reintegrato come se nulla fosse? In pratica sì, in teoria no: con ogni probabilità verrà chiesta loro una sanzione prima di tornare sul futuro circuito. Bazzeccole, comunque…
Allo stesso tempo come reagirà chi per due anni ha continuato sul PGA Tour (rinunciando ai petrodollari, garantendo prestigio al Tour e, magari, mettendoci la faccia)? Sicuramente male perché in questo periodo quei giocatori hanno visto deteriorarsi addirittura il rapporto umano con gli ex colleghi a furia di interviste, frecciatine e saluti tolti. Tutto cancellato dall’accordo PGA-LIV Golf.
CAPITOLO RYDER CUP 2023– Altro giro, altro interrogativo. A Roma vedremo big americani come Dustin Johnson, Brooks Koepka e Bryson De Chambeau? La fusione annunciata entrerà in vigore dall’anno prossimo con i giocatori LIV che nel 2023 – salvo sorprese – continueranno a partecipare solo ai rimanenti due Major (uno di quelli già giocati è stato vinto dal separatista Koepka). Potrebbero però essere eleggibili tra le wild card a disposizione di Zac Johnson.
Sul fronte europeo non cambia molto. A Roma si arriva tramite le due classifiche di merito e l’eventuale eleggibilità di europei dal LIV non amplia le scelte di Luke Donald (eccezion fatta per Pieters). Discorso a parte per quei golfisti che hanno fatto le valigie dal DP World Tour dopo una querelle giudiziaria. Poulter, Garcia, Westwood e Stenson hanno dato le dimissioni e di fatto non sono eleggibili. Farebbe comodo reintegrarli e considerarli tra le wild card a Team Europe? La risposta a fine estate (teniamo presente che una di quelle wild card farebbe comodo anche a Francesco Molinari).
A rigor di logica, dalla prossima edizione (Bethpage, New york 2025) dovrebbe tornare tutto come prima.
PGA/LIV, chi ci guadagna
Di sicuro esce a testa alta dall’intera vicenda Jay Monahan. In due anni ha prima dettato la linea (“con noi o contro di noi”) e poi combattuto la SuperLega a suon di milioni di dollari di montepremi. Poi ha gestito una trattativa dove il PGA non ha certamente perso nulla.
Gongolano tutti quei professionisti che hanno drivato sulla SuperLega. In due anni hanno rimpinguato il conto in banca, giocando un giorno in meno e senza l’ansia da prestazione legata al taglio. La sanzione che verrà chiesta loro sarà simbolica. Immaginiamo il sorriso di Phil Mickelson.
A tirare un sospiro di sollievo tutti gli appassionati di golf, quelli che guardano le gare in tv e, quando possono, vanno a vedere i big sul campo. Nel 2024 le gare riavranno tutti i protagonisti.
Chi ci perde
Il mondo del golf professionistico non esce certo bene. Anni di tolleranza zero e di battaglie cancellate in sette settimane di trattative segretissime in nome del business. Investendo milioni di dollari, la SuperLega araba serviva anche al principe per rifarsi un’immagine internazionale dopo il caso di Jamal Khashoggi. Il 2 ottobre 2018 il giornalista entrò nel consolato dell’Arabia Saudita ad Istanbul e non è mai più uscito. Si parlava di “dollari sporchi di sangue” all’epoca della nascita della SuperLega araba.
Il PGA ha rilanciato milione su milione di dollari e ora che la guerra è finita nasce una società comune a fine di lucro (quindi altri milioni di dollari).
E mentre Monahan trattava con i sauditi professionisti del calibro di Rory McIlroy, Tiger Woods e Justin Thomas ci mettevano la faccia per difendere il PGA Tour. Qualcuno si sentirà preso in giro e pretenderà spiegazioni. Un nome a caso? McIlroy. Il nordirlandese e Tiger hanno anche messo su una società ad hoc in collaborazione con PGA per contrastare LIV Golf: con altri big dello sport hanno finanziato un circuito al lunedì, da giocare al chiuso e a beneficio di sponsor e Tv.
Grande sconfitto (al pari di McIlroy) risulta essere Greg Norman, l’uomo macchina del LIV Golf, capace di mettere in piedi quasi da niente un circuito ricco di campionissimi. Antipatico ma bravo, il ceo ha fatto il suo lavoro: che ne sarà dello “squalo bianco”?
PGA/LIV, perché?
L’accordo è stato fatto in tre. Dando per secondario il ruolo del circuito europeo, è comprensibile che l’intesa sia stata caldeggiata da una delle altre due parti. Agli americani l’armistizio fa comodo: le risorse economiche del PGA Tour sono vaste ma non illimitate. Quindi ben venga la pace.
Ma i sauditi? Perché cedere e mandare tutto all’aria dopo tutto quello fatto in ventiquattro mesi? Per loro i fondi sono quasi illimitati come dimostrano gli assegni staccati finora. A meno che non si sacrifichi il golf in nome di qualche altro investimento nello sport (i Mondiali di calcio 2030 da organizzare con Grecia ed Egitto?).
Troppe le domande ancora senza una risposta nella pace PGA/LIV…