Arriva un altro Natale dove il golf e, soprattutto tutto il resto della nostra vita, è ancora condizionato da un virus. Sforziamoci di guardare oltre e per questo vi porto al caldo grazie all’amico Vallegra. Pier Paolo ha giocato a golf in Arabia e, di seguito, c’è il resoconto della sua esperienza. Non si parla solo di golf: si scrive di musei, cibo, tamponi e aerei. E’ il racconto di Natale, il nostro piccolo pensiero a tutti i lettori, giocatori e non. Leggetelo fino in fondo e dimenticate tutto il resto per qualche minuto. Buon Natale (s.l.).
Giocare a golf in Arabia
di Pier Paolo Vallegra
Questa maledetta pandemia, oltre a provocare milioni di morti e un generalizzato collasso dell’economia globale, ha avuto anche effetti “minori”, che ci toccano nella vita di tutti i giorni.
Oltre ai lockdown, al fastidio della mascherina, alla Dad, ad un senso di paura generalizzato, al blocco o rinvio delle cure ospedaliere, e così via, a me, in particolare, ha impedito di viaggiare. Non l’ho fatto per lunghi periodi in Italia ma soprattutto all’estero, nella rincorsa al prossimo Paese in cui non ho ancora giocato.
La mia storia è scritta qua. A fine gennaio 2020 mi sono fermato a 154 nazioni (e 32 rimanenti) e solo da poco ho avuto l’opportunità di ricominciare la rincorsa. Una rincorsa senza una meta definita visto che Covid, età e condizioni socio-politiche di alcune zone del mondo, di fatto, rendono pressoché impossibile chiudere il cerchio. E così ho scelto il golf in Arabia Saudita, uno Stato che dal settembre 2019 ha aperto al turismo, introducendo ex novo il visto turistico. Pochi mesi dopo, la chiusura per Covid e poi poco tempo fa la riapertura.
Burocrazia e tamponi
Innanzitutto la burocrazia:
- a) Visto – Bastano pochi minuti e poco più di 120 euro (inclusa l’assicurazione Covid). Si fa tutto online
- b) Muqueem – Ottenuto il visto, occorre entrare in un sito governativo (a meno di 72 ore dalla partenza) e inserire alcuni dati personali oltre a data e tipo di vaccini effettuati. Si otterrà un arrival registration da esibire alla partenza
- c) Prenotazione aerea – Ho volato con Saudi Airlines, con costi estremamente contenuti (1.300 euro per due persone MPX-Jeddah; Jeddah-Riyadh e Riyadh-MPX). Il costo della sacca (21 kg) è in teoria di cento dollari a tratta (23 quella nazionale). Spiegandomi e non rispondendo golf bag alla domanda sul contenuto (bensì shoes and clothes) ho sempre viaggiato free of charge… I voli durano rispettivamente 4h 30, 1h 40, 6h 15. Check in online: 48 ore prima della partenza.
- d) Tampone molecolare – Entro le 72 ore dalla partenza (io l’ho fatto al Parkingo di Malpensa) con esito via mail entro le 24 ore.
Partenza sabato 20 novembre, alle 15.40, con arrivo a Jeddah alle 22,15 (fuso due ore). Il taxi dall’aeroporto all’hotel (15 minuti), prenotato dall’Italia, è costato 53 euro. Con Uber sul posto 8,18…
Leggende metropolitane
Val la pena di smontare da subito le leggende metropolitane sull’Arabia Saudita.
1) E’ pericolo spostarsi in auto, tutti guidano come pazzi, senza rispettare le norme.
Falso: la guida dei mezzi privati e pubblici (taxi, non ho mai visto un bus) è tranquilla, rilassata, anche nella capitale. Le auto sono tante, ma il traffico è scorrevole.
2) Bisogna assolutamente concordare il prezzo della corsa, mercanteggiando come in un suk
Falso: ogni taxi (bianco o verde) ha un tassametro ben in vista e si paga la cifra finale.
3) La vita è cara
Falso: per spostarsi ho quasi sempre usato Uber, con costi irrisori per i nostri standard. Hotel come il Casablanca a Jeddah o il Crowne Plaza Minhal a Riyadh costano 1.300 euro per otto notti per due persone in camera doppia. Ottima colazione inclusa, tanto come i viaggi aerei. Il National Museum di Riyadh, e numerose altre attrazioni, sono gratuite. Campi internazionali come il Royal Greens dove si gioca il Saudi Ladies International o il Saudi Open hanno green fees inferiori a molti campi italiani. Si parla di 80 euro per green fee, golf car con GPS, due bottigliette di acqua in ghiaccio). Tamponi: a fronte dei 252 euro pagati in Italia, due tamponi molecolari a Riyadh, effettuati da un medico nella nostra stanza d’hotel hanno un costo di 134 euro. Mail del referto e relativa fattura a otto ore dal prelievo.
E le donne? E la mascherina?
4) Women dress code, le donne devono sempre coprirsi
Falso: chiaro che è bene evitare minigonne e canotte. Il mio caddie non ha mai messo il velo. Nei giorni in campo ha indossato pantaloni “pinocchietto” e magliette con maniche corte.
Quello che invece mi ha urtato è lo scarso uso della mascherina. In aereo quasi nessuno la indossava e a poco sono servite le mie rimostranze alle hostess (che ovviamente la indossavano). Per strada non ne parliamo, ma anche nei locali chiusi molti non la portavano, a volte neppure il personale. Così nei musei la gente girava senza mascherina e non valeva la pena di dirlo allo scarso personale. Sarà perché nel Regno il Covid è veramente poco presente: i dati parlano 25 casi al giorno e 1-2 morti…
Il primo giorno da turista
Il primo giorno è dedicato alla visita di alcuni luoghi simbolo di Gedda, muniti di Tawakkalna, una app che corrisponde all’Immuni araba. Questa app funziona ed è obbligatoria per entrare in hotel, ristoranti, musei, campi ecc.
E’ noto che gli arabi sono fanatici del “più grande”, “più alto”, “più…”. I sauditi, con la loro potenza economica, non sono da meno. Così abbiamo visto la fontana di re Fhad (la più alta del mondo), il faro di Jeddah (il più alto del mondo), la Flagpole di Jeddah (la bandiera più alta del mondo). Di quest’ultima peccato che ci fosse solo il palo, mentre la bandiera (che pesa oltre 500 kg) era stata rimossa per il forte vento.
Avremmo visto anche il grattacielo più alto del mondo (1.008 metri) se la costruzione non fosse bloccata da qualche anno, per cause che tutti conoscono ma di cui nessuno parla…
La bellissima moschea di Al Rahma, circondata dalle acque del mar Rosso (detta moschea galleggiante) è situata nell’area di cantiere per la costruzione della nuova pista di Formula 1, ed è quindi irraggiungibile…
1. Tappa al Royal Greens
Il lunedì, partenza con Uber per King Abdullah Economic City, 111 km. di strada in mezzo al deserto. Tee time alle 11.30 nel famoso Royal Greens GC. Par 72 con quattro par 3 ed altrettanti par 5, per 6.295 metri dai tee viola, 5.421 per me dai bianchi.
Il campo è caratterizzato da quattro laghi e numerose waste areas (del tutto naturali, essendo costruito nel deserto del Neged). Alcune buche sono direttamente sul mar Rosso.
La club house è molto spaziosa e lussuosa con un enorme e fornito pro shop, ristorante per ottanta persone, servizi di livello. All’arrivo un esercito di caddies si appropria della sacca che ritroveremo sul golf car al vicino campo pratica, con palline illimitate e gratuite. Al termine un caddie ci farà strada con il suo golf car, accompagnandoci alla buca 1.
Buche umane… per me
Il percorso ha buche “umane” per un giocatore corto come me. C’è però sempre un fastidioso e forte vento (che sentivo contrario su quasi tutte le buche) che “allunga” il percorso oltre la distanza nominale.
I green, oltre al vento, sono la migliore difesa del campo: spesso ondulati, con monticelli di difficile lettura. La posizione della bandiera può fare la differenza fra un par ed un doppio bogey. Le buche hanno una strana propensione a far uscire anche il putt giocato con tutti i sentimenti.
Ad esempio, al corto par 5 della nove, il green digrada nella parte anteriore a sinistra e in quella posteriore a destra. Il vento può influenzare il rotolamento della palla e spingerla verso la parte posteriore destra…e l’acqua.
Concludo le prime nove con un doppio bogey alla facile 2 (tre putt) e due par: uno al par 3 della otto (i par 3, per me sono la salvezza!) e l’altro al par 5 della nove. C’è anche il tempo per simpatici incontri con oche, uccellini vari ed altri animali meno comuni, almeno per noi.
Ci fermiamo per il pranzo, in un ambiente raffinato, senza esagerare, visto che siamo a metà della fatica.
La buca 16 con vista Mar Rosso
Sulle seconde salvo un bogey miracoloso al difficile par 4 della 12 (hcp 1), con un green a montagne russe che culmina con un monticello sul lato destro (ovviamente dove hanno posizionato la bandiera)…
Il tee shot della 15 punta direttamente verso il mar Rosso, antipasto della bellissima 16, un par 3 di soli 130 metri. A sinistra tutto il mar Rosso. A destra un bunker infingardo che tende ad attirare tutte le palline destinate al centro green e si avviano mestamente lungo la pendenza di destra… Con il vento dal mare, per centrare il green bisogna avere il coraggio di tirare direttamente sull’acqua, lasciando che il vento trasporti la palla verso destra… Se tiri troppo a sinistra, il vento non basta e sei in acqua. Se tiri un po’ più centrale, il vento te la porta in bunker, o di volo, o di rotolo…
Per me è stato un ottimo tee shot, volutamente corto per evitare la pendenza del green, cinque metri fuori green a destra. Morbido ferro 9 a correre, a 40 cm dalla bandiera, easy par. Sull’abbrivio della 16, affronto la 17 che trovo molto facile… Con il vento da dietro, un par 4 di 280 metri, con bandiera corta, indifesa da bunker o acqua, è il mio sogno ricorrente!
Dopo il tee shot resta un ferro 8 per entrare in green e due putt…e poi dicono che il golf è difficile!
La 18 è un par 5 impegnativo e divertente, con il lago che costeggia il lato sinistro e arriva a retro buca, con le postazioni per il pubblico in costruzione in vista del Saudi Open di febbraio. Mi trovo a salvare il par con un putt da sei metri, per un totale di 87. Sono molto soddisfatto, per il gioco, l’ambiente, i 30 gradi al 22 novembre, lo standing del campo, la ristorazione, l’ottima organizzazione… tutto perfetto!
In tutto il giorno non abbiamo visto in campo e nemmeno al ristorante un solo giocatore… Credo siamo stati gli unici, oggi, a frequentare questo gioiello.
2. Tappa a Riyadh, all’Arizona Golf & Resort
Il giorno dopo, trasferimento a Riyadh in mattinata e alle 15.30, tee time all’Arizona Golf & Resort.
Se fossimo in Sudamerica lo chiameremmo un barrio cerrado. Non è un percorso con un po’ di villette lungo il percorso, ma un quartiere di lusso con all’interno un piccolo nove buche di 1.906 metri (tre par 3, cinque par 4 ed un par 5).
Club house e pro shop spartani, no palline logate. Prendiamo uno dei tre trolley a disposizione e ci avviamo alla buca 1. Anche in campo manca ogni segnale delle distanze al green.
Ovviamente è il mio campo ideale (i par quattro sono tutti sotto i 300 metri, il par 5 lungo come un par 4 e il par 3 più lungo di 142 metri). Infatti stacco un 35 sul par 34 del campo, con l’unico bogey alla 5 (appunto il par 4 più “lungo”).
Da notare che alla tre si tira il tee shot per la 3 e per la 4, in quanto le partenze sono una a fianco all’altra. Sennò occorrerebbe tornare indietro dal green della 3 per 140 metri, fra l’altro in salita…
3. Saudi National Museum
Il mercoledì è dedicato alla visita di Riyadh, in particolare al Saudi National Museum e al palazzo Murabba. Il museo è un vero gioiello che non ha nulla da invidiare ai più blasonati musei delle capitali occidentali. Nelle sue otto sale (cui occorre dedicare almeno mezza giornata), vi sono capolavori della natura e fatti dall’uomo, introvabili altrove.
La prima ci parla delle origini della vita, con scheletri fossilizzati, un meteorite di 27 quintali e antiche incisioni rupestri. La seconda tratta dei primi regni arabi, in epoca preislamica, delle rotte commerciali dell’incenso e delle perle, con scritti tamudici e aramaici, scolpiti su lastre di pietra.
Seguono le sale dedicate all’Islam, con ceramiche e antichi manoscritti del Sacro Corano. Le ultime sale sono dedicate ai primi due regni sauditi, fino alla nascita della monarchia attuale.
Da Re Salman a Churchill
Appena fuori del Museo, si staglia la prima reggia, abitata dal capostipite, re Abdulaziz, dal 1938 al 1953, il palazzo Murabba, nell’omonimo quartiere. Dal ventilato cortile interno si dipartono diverse sale con numerosi cimeli del re, abiti, occhiali, orologi, magnifici tappeti. In una sala di ricevimento esiste un’enorme foto del re, con i suoi numerosissimi figli. Vi si nota, col numero 13, un ragazzino che altri non è che l’attuale re Salman, ad oggi ottantaseienne.
Si può vedere anche il primo ascensore installato nel regno nel 1948, che permetteva al re di accedere al secondo piano, nonostante la sua artrite. E’ esposta, fra le altre, la Rolls-Royce grigia col tettuccio panna, donata al re da Winston Churchill nel 1946.
4. Golf in Arabia: Riyadh Golf Courses
Giovedì abbiamo un tee time alle 11 al Riyadh Golf Courses (anche detto la Perla del Deserto), par 72 di 6.780 metri dai tee neri (5.700 dai miei bianchi), con quattro par 3 ed altrettanti par 5.
Dopo una quarantina di km verso nord, nella zona in cui sorgerà la nuova Riyadh, incontriamo la clubhouse di oltre 5.000 metri quadrati., con spa, sauna, fitness center, sala tv e un fornitissimo pro shop. Il Palms Restaurant, con piatti arabi ed internazionali, si affaccia sul green della 18 e sul suo laghetto.
Green fee onestissimo: 75 euro, incluso golf car con GPS e bottigliette d’acqua in ghiaccio, campo pratica con palline illimitate. Come al solito, nessuno in campo…
La cosa che mi è più rimasta impressa è che quasi tutte le buche, davanti ai tee di partenza, presentano una waste area di almeno 150-160 metri. Per gente corta come me non è scontato superarla di volo. Quindi spesso è successo che, malgrado un dignitoso tiro centrale, mi trovassi nella sabbia per un paio di metri ed iniziassi la buca in salita. Quindi la prospettiva migliore era strappare un bogey…
Per fortuna che esistono i par 3, piuttosto corti, anche se non semplici (111, 106, 121 e 132 metri). Loro mi hanno dato quattro dei 5 par totali (l’ultimo sul par 4 della tre di 353 metri, per me irraggiungibile in due, grazie ad un one putt di nove metri). Nelle prime nove ho racimolato un solo doppio bogey sul par 5 più lungo (628 metri dai neri, 489 dai bianchi). Sulle seconde ho segnato un disastroso triplo bogey al par 5 della 15, seguito da un doppio al par 4 della 16 (354 metri), dilapidando in due buche tutto il vantaggio accumulato fino ad allora. Però, come dicono facciano i grandi campioni, ho reagito al par 3 della 17. Il tutto mi ha permesso di chiudere con un onestissimo 89.
5. Venerdì (giorno di festa) alla Old City
Il venerdì in Arabia Saudita è un giorno festivo e, poiché mi avevano assicurato che i negozi erano aperti (a differenza di musei, campi da golf e quasi tutte le attività) pensavo di dedicarlo allo shopping. Invece mi sono ritrovato nella Old City con le saracinesche abbassate, neppure un’anima per strada… L’unica cosa trovata aperta era un vecchio mall in cui si riversavano le centinaia di persone in uscita dalla moschea verso mezzogiorno, con il loro tappetino in spalla.
Ma era un mercato per locali, tipo vecchi hard discount italiani, con poca mercanzia e di scadente qualità. La food area era uno spazio semibuio, con qualche tavolino e sedie di plastica, dove i locali consumavano il pasto che si erano portati da casa.
Siamo tornati mestamente in hotel con un taxi preso al volo. In albergo abbiamo assaggiato il Kabsa, il piatto nazionale saudita a base di riso, con sopra carne di agnello, pollo, cammello o anche pesce. Visto che vino e birra sono banditi, l’accompagnamento accettabile è succo di limone e menta: parola di sommelier ! Altri piatti che posso consigliare, ma non descrivere per ragioni di spazio, sono il Tarid, il Biryani, l’Harees, il Mutabbaq e per dolce il Luqaimat.
Non posso però tacere del frutto nazionale, il dattero; fra le oltre 600 diverse tipologie (Sakkari, Safawi, Saghai, Barhi, Zahidi e Amber per citarne alcune) il mio preferito è l’Ajwa, nature (senza cioccolato o mandorla inserita) coltivato nella zona di Medina. E’ veramente il massimo insieme al caffè arabo, colore della fanta e rigorosamente senza zucchero.
6. Golf in Arabia: Dirab Golf & Country Club
Sabato tee time alle 11 al Dirab Golf & Country Club, 65 km. a sud ovest di Riyadh. Sono 45 minuti di viaggio. La club house è meno principesca di altre, con un piccolo pro shop e un modesto ristorante/bar. Il green fee è di cento euro con incluso golf car con GPS, bottigliette d’acqua e palline illimitate. Il campo è un par 72 di 6.640 metri dai blu (e ben 6.162 dai bianchi). Ci ho pensato un bel po’ prima di prenotare Dirab: il campo, con i soliti quattro par 3 ed altrettanti par 5, è troppo lungo per me…
Si parte con un par 5 di 531 metri. Seguono due par 4 di quasi 370, la cinque è un par 4 di 400 metri e la 17 di 404. Due dei par 3 sono oltre 150 metri e il più corto è di 137. La nove è un par 5 di 519 metri, la 15 di 516…
A parte i par 3 dove ho una possibilità di par (ne farò due su quattro), tutte le altre buche le devo giocare al massimo per portare a casa un bogey. E infatti, grazie al mio magico putt, ne ho salvati tanti (ma non i cinque delle buche 3-5-14-17-18), per chiudere con 93 colpi. Peccato perché fino a due buche dalla fine speravo ancora di pareggiare con il campo.
Un campo molto frequentato
A differenza degli altri campi, qui c’era un’attività frenetica: partenze ogni 12 minuti, tutte con quattro giocatori. I miei compagni erano due americani ed un coreano, sui cinquant’anni, che giocavano più lungo ma un po’ peggio di me. Gran bombardieri ma spesso finivano nella sabbia o fra i cespugli ai lati della buca. Compensavo la loro lunghezza con la precisione e alla fine ho chiuso con due colpi in meno del migliore di loro.
Una nota di colore: provo a prenotare il ritorno in hotel a Riyadh con l’app di Uber ma non funziona. La signorina della reception mi spiega che Uber funziona solo da Riyadh a Dirab, non viceversa. Le chiedo allora di prenotarmi un taxi ma Dirab non ha un taxi service. Da Riyadh non sarebbe arrivato nessuno…
Sembra non ci sia soluzione, e ormai è notte (alle 17 il sole se ne va). Ma ecco che la signorina della reception, Zahraa (che in arabo significa anche fiore o bellezza) prende l’iniziativa. Lei chiama il general manager che ordina immediatamente di metterci a disposizione il pulmino del club. E così un autista ci preleva in 15 minuti e dopo un’ora siamo in camera!
Evviva l’ospitalità araba!
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