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Giocare a golf nelle Antille Olandesi: Curaçao

Giocare a golf nelle Antille Olandesi:
Pier Paolo Vallegra a Curacao

Prosegue il giro del mondo del green del nostro amico Pier Paolo Vallegra. Nelle scorse settimane ha giocato a golf nelle Antille Olandesi e ne ha scritto un diario di viaggio. Ecco la prima parte.

di Pier Paolo Vallegra

Come sanno i  lettori che mi seguono nel mio peregrinare per i campi di golf di tutto il mondo, nella mia ricerca considero non solo gli Stati sovrani ma anche le nazioni. E’ l’evoluzione moderna dei casi residui di colonialismo, armonizzati con i principi democratici dell’Onu. In questa categoria rientrano i tre stati associati ai Paesi Bassi: Aruba, Sint Maarten e Curaçao.

Un volo di quasi dieci ore da Amsterdam (sei di fuso) ci porta a Willemstad, capitale dell’isola di Curaçao. Per entrare serve l’Embarkation Card (si fa online), e il PLC Form per il Covid (si può fare online solo 48 ore prima dell’arrivo).

ll Regno dei Paesi Bassi agisce come nazione unitaria in materia di difesa, politica estera e cittadinanza, mentre Curaçao è nazione indipendente per tutte le altre materie. Assieme a Sint Maarten, Curaçao utilizza  come valuta il fiorino delle Antille Olandesi, mentre Aruba ha il fiorino di Aruba.

Golf nelle Antille Olandesi: Blue Bay

Il campo che ho scelto a Curaçao è il Blue Bay, uno dei tre delle Antille Olandesi nel ranking dei migliori cinquanta dei Caraibi (nessuno è nei primi trenta). Un 18 buche sul mare, par 72, ad un quarto d’ora d’auto dal Boutique Hotel t’Klooster, location in un vecchio convento con le piccole camere (ex celle) che si snodano intorno ad un chiostro con ristorante e piscina.  

Un percorso da 6.076 metri dai gialli (5.202 dai miei bianchi). Alle 10.20 del 31 marzo, pagati i 165 dollari di fee, partenza dalla 1 con 27 gradi ed un cielo celeste, quasi senza nuvole. Con noi una colonia di fenicotteri rosa che costeggiano il lago a sinistra del fairway.

Un par alla facile buca 3: 120 metri con tre bunker, due ai lati ed uno dietro il comodo green (ferro 7 un filo corto, 9 a correre e putt). Pare anche alla lunga (per me) buca 4: 380 metri, con imbucata fortunosa da un metro fuori green sulla destra, con un 9 a correre.

E si arriva alla buca 6, par 3 di 155 metri, vera signature hole del campo. Partenza 30 metri sul green, con in mezzo rocce e schiuma del mar dei Caraibi, vento decisamente contrario. A sinistra e corto, c’è il mare. Lungo, per me è escluso. A destra, mangrovie, dalla cui ragnatela di rami e foglie è quasi impossibile uscire. Dicono che conviene perdere un colpo e dichiararla ingiocabile… Non resta che tirare un driver, cercando di ricordarmi come mi ha insegnato a giocare controvento il mio amico argentino Eduardo, a Mar del Plata, a Chapelco e a Sierra de los Padres nel 2006. Loro ne sanno di vento, con tutte quelle canchas sull’Oceano o sulle Ande: “Suavemente, suavemente! No fuerce!” mi dicevano. E la palla vola, vola alta e centrale, posandosi sei metri dietro la bandiera, per un comodo par…

La partenza della buca 1

Un altro par alla lunga (385 yards) e difficile buca 9 (hcp 1) dove ho indovinato un wedge da 50 metri (aiutato dal solito vento contrario) a un metro e mezzo dalla bandiera. Così ho concluso le prime nove in 41 colpi, risultato per me quasi straordinario!

Ancora un par (4) alla corta 13 ed al cortissimo 5 della buca 15 (anche se sempre con vento contrario). E quindi par alla buca 16 e conclusione in gloria alla 18, par 5 corto (in pratica un lungo par 4), costeggiato dal lago a destra per tutta la buca e – finalmente – con vento a favore. Ribadito il 41 delle prime 9, per un 82 fantastico!

Sì, il campo è poco più lungo di cinque chilometri, però con un forte vento a raffiche (che anche quando è a favore non è sempre un vantaggio, specie negli approcci al green). Però, i par bisogna farli…

– Continua –

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