Chimenti, l’Open, i golfisti da tastiera e il dubbio: tu cosa fai per il golf?

di Sauro Legramandi @Sauro71
Non conosco Chimenti, non vivo di golf e non ho aspirazioni in tal senso. Premesso questo, devo dire che tutto ha un limite e tale soglia è stata abbondantemente superata per l’Open d’Italia. Sin da giovedì pomeriggio la pentola a pressione dei social network borbottava contro l’Open e chi lo organizza. Il brusio contro l’uomo forte del golf italiano è diventato sentenza di Cassazione domenica, a trofeo alzato da Wiesberger e a parcheggi P3 e P4 svuotati.

Chimenti

Andrea Pavan e il suo pubblico (foto Ornella Parigi).

Alla Federazione si attribuisce di tutto, dalla crisi del golf in Italia allo scarso numero di spettatori all’Olgiata, dalle condizioni del percorso sede dell’Open fino… al buco nell’ozono. A Chimenti e ai suoi uomini, quando va bene, viene augurato il fallimento della Ryder Cup 2022.

Mi sono reso ulteriormente conto in questi quattro giorni di full immersion che l’Italia ha 60 milioni di ct di calcio e quasi centomila presidenti di Federgolf. Tutti sanno cosa non fare, nessuno sa cosa fare.

Amici, conoscenti e flappatori occasionali sappiatelo: così non si va da nessuna parte. Se non si cambia marcia tutti insieme tra qualche anno il nostro bellissimo sport sarà ridotto ai minimi termini (sì, ancora di più di come lo è adesso).

Vi spiego il mio pensiero.

I biglietti gratis e i golfisti da tastiera

Sull’Open d’Italia ha ragione il mio amico Ascanio Pacelli che, in un video, invita tutti a ricordare cos’era l’Open qualche anno fa. Provate a farlo. Del mio “primo” Open da spettatore ricordo non più di venti persone in campo pratica per vedere John Daly già autoreferenziale e non più professionista di golf. Ricordo stand e punti ristoro poco più ricchi di quelli di una festa di paese. Non ricordo di aver visto Tiger o Rory giocare. E soprattutto non ricordo decine di migliaia di spettatori a bordo fairway o dietro i green, arrivate all’alba via terra, mare o aria pur di prendersi il posto dalla visuale migliore. Ed era una manifestazione senza prezzo, nel senso che si entrava gratis.

Oggi molti dubitano dei dati forniti dalla Federazione sulle presenze all’Olgiata, ossia 29mila persone in quattro giorni. “Diteci quanti sono stati i biglietti gratis o i pass” è l’esortazione più educata in circolazione. Ribalto la domanda: “Ditemi quanti golfisti hanno chiesto i biglietti gratis o i pass“. In Italia è quasi da sfigati pagare per una qualsiasi partita di calcio o a un concerto: figuriamoci quanto umiliante sia stato sborsare 15 euro più prevendita per vedere il numero 5 e il numero 11 al mondo (un italiano, tra l’altro). Non ho avuto gli strumenti per contare una ad una le persone presenti all’Olgiata. Lungo il percorso si ha una visione parziale. Dietro a Molinari, Rose, Pavan, Paratore, Poulter e soci c’era comunque un bel po’ di gente.

OPEN D'ITALIA DI GOLF - DA BORDO CAMPO

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Quando la testa è strapiena di pensieri (clicca e sfoglia la gallery)

Ma quanti erano a Roma?

Quanti erano in tutto? 29.000 secondo gli organizzatori, 2.900 secondo la Questura. Il paragone con i 70mila al Milano due anni fa non regge: a Monza si entrava gratis, si giocava in un parco pubblico aperto a tutti e Molinari è sempre stato tra i leader. L’anno scorso a Gardagolf (a pagamento) i presenti furono 34mila: e ricordiamo che l’intera zona del lago è meta turistica per golfisti e non provenienti da Germania e Austria. Scommetto che nove su dieci di chi si strappa le vesti per le scarse presenze non ha messo piede all’Olgiata in questi quattro giorni. Nessuno ha preso una giornata di ferie dal lavoro per mettersi in auto e andare a Roma per godersi l’Open. “Ah, ma io me lo sono visto tutto in tv però…”. Bene, bravo ma non bis: sulla Rai era in chiaro, su Sky a pagamento sempre e su GolfTv solo la domenica. Sky e GolfTv versano il tuo abbonamento per lo sviluppo del golf in Italia? Assolutamente no, essendo società private con un utile da realizzare. Prima di premere invio all’ennesima critica non sarebbe meglio muovere il fondoschiena e darsi da fare?

Una, nessuna, centomila Olgiata

Chissà perché la colpa è sempre del sistema, anzi er sistema. E’ troppo facile attaccare via social, chiacchierare in club house o nelle chat dei golfisti. E’ ora di mettersi in gioco e alzare l’asticella. Siamo sicuri di meritare un Open da sette milioni di dollari e la Ryder Cup 2022? Dopo aver visto bene gli ultimi cinque Open mi sorge il dubbio.
Guardate la foto dello spettatore lungo il fairway all’Olgiata. Non è possibile presentarsi così in un evento da sette milioni di dollari. Non è folclore come potrebbe essere per una sfida intercontinentale tra Team Europe e Team Usa. Questa è una caduta di stile, roba da coatti per usare un termine indigeno. Ripeto: siamo sicuri di meritare Rose, Molinari, McDowell, Pavan e tutti gli altri se poi siamo capaci solo di criticare? Diverse persone (che non si conoscono tra di loro) mi hanno sussurrato di soci dell’Olgiata intenzionati a pranzare nella player’s lounge “perché questo è il mio circolo e io mi siedo sempre qua“. 

Teniamoci il presente, il futuro…

Non ero su Scherzi a parte nemmeno quando ho sentito almeno diversi soci dire che “questi qua non sono professionisti, non sanno leggere le pendenze come faccio io al sabato”. Ho citato questi due casi ma credetemi ce ne sono anche per circoli al nord. Ci sono soci che s’incazzano perché non possono giocare la Coppa Fragola al lunedì e quella Fiordilatte al mercoledì “dato che stanno preparando il campo per l’Open”. Così non c’è futuro.

Non c’è futuro se i circoli sopravvivono rubandosi soci l’uno con l’altro invece di allargare la base. Non c’è futuro se l’età media di tanti circoli è da quota cento più dieci golfisticamente parlando, ossia 70 di carta d’identità e 40 di bastoni in mano (non me ne vogliano i diretti interessati).

Le responsabilità della federazione

Ripeto: non conosco Chimenti ma se il golf stenta ad emergere le responsabilità sono di tutti, Federgolf compresa. Nessuno ha la bacchetta magica ma nel 2019 è davvero impensabile che per praticare il golf sia obbligatorio avere la tessera della Federazione. Pensate allo sport del momento: che ne sarebbe del paddle se venissero chiesti cento euro ancora prima di scendere in campo? Le risposte andrebbero dal “grazie, come sei avessi giocato” al “paddle sport d’elite”. Capisco l’importanza economica del tesseramento ma oggi questo rappresenta una montagna invalicabile per portare le nuove leve in campo pratica.

Rocca commosso per Francesco Molinari alla Ryder Cup. golf

Costantino Rocca commosso per Francesco Molinari alla Ryder Cup.

Costantino Rocca (un gigante che questo sport dovrebbe omaggiare sempre) è stato da stimolo per Francesco Molinari. Oggi un ragazzino che vede Chicco in tv e volesse diventare come lui come potrebbe iniziare? Chiedete a un 14enne se conosce l’indirizzo di un campo pratica nelle vicinanze di casa. Non lo sa perché nessuna scuola gli ha fatto provare il golf o, peggio, nessuna massiccia campagna social mirata è mai arrivata sul suo smartphone. Visto lo spazio risicato sul cartaceo non sarebbe meglio investire tutto sull’universo social?

Il futuro passa di sicuro dalla scuola. Federgolf ha seminato e se son golfisti giocheranno negli anni a venire. Per il resto siamo in Italia non credo ciecamente all’equazione più-campi-pubblici uguale più-giocatori-di-golf ma magari sarà questa la panacea di tutti i mali. Ha un grande fascino l’idea raccontata qui da Alessandro Dinon di realizzare in Italia locali in stile TopGolf dove si prova il golf tra un aperitivo e una pizza in compagnia sulla falsariga delle sale bowling. Per far questo serve il primo imprenditore che ci crede e ci mette il grano. Il resto si vedrà.

Morale della favola: non ho la soluzione per far diventare di massa uno sport come il golf. Di certo non me ne sto dietro a un monitor a criticare tutto e tutti. Le mulligan da giocare stanno finendo: per aiutare il golf tu cosa fai?

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