Torniamo ad approfondire il rapporto tra la nostra testa e il gioco del golf. Lo facciamo ricorrendo all’esperienza e alla disponibilià della nostra mental coach Sonja Caramagno nella rubrica odierna de Il golf nella testa.
“Non vale la pena avere la libertà, se questo non implica avere la libertà di sbagliare.” Mahatma Gandhi
In questo articolo ti avevo chiesto con quali convinzioni e pensieri facessi il tuo ingresso in campo prima di una gara. Di solito la prepari in settimana studiando il campo, allenandoti, mangiando bene e svolgendo la consueta lezione con il maestro. Già da qualche giorno prima, ti riprometti di non ripetere l’errore con il ferro 7 e di fare di tutto per non sbagliare il gioco corto che hai ben curato e allenato! E poi la gara potresti pure vincerla, nonostante il tuo approccio misurato ti porti a non essere del tutto sicuro.
Il giorno della gara arriva. Entri e cerchi di essere quanto più rilassato possibile. Tiri dal tee della buca 1, dopo un buon colpo in fairway, chiudi con un putt e inizi la tua gara con un par. La seconda buca è un par 3 con un lago a difesa del green. Si alza un po’ il vento: questo ti infastidisce, fai le tue analisi per scegliere il bastone che ti è più congeniale. Non va come pensi e la tua palla finisce dietro un albero, al di là di ogni tua previsione. Cerchi di mantenere la calma, pensi che può succedere. D’altronde, sei solo alla seconda buca.
Il mental coach ti conosce
Il tuo stato d’animo non è però tra i più sereni, ti sei innervosito e diventi poco lucido. Cerchi di calmarti, ti chiedi perché il tiro sia finito lì e perché il vento si sia alzato. Nonostante tutto, rimani focalizzato con la mente sulla posizione avversa da cui dovrai tirare. Lo stato di nervosismo che ti porti dietro non facilita la scelta di una strategia lucida. Quindi. finisci per ripiegare su un tiro conservativo.
Chiudi la buca con un bogey, e nonostante tutto ti ritieni fortunato. Continui con la terza, la quarta, la quinta buca ed ogni colpo che non tiri come vorresti ti genera nervosismo, fastidio, inveisci contro te stesso, ti apostrofi con aggettivi poco carini, e soprattutto, smetti di divertirti.
Caro golfista, quanto sei esigente con te stesso?
Da mental coach ti chiedo: quanto pesa un colpo non riuscito come avresti desiderato? Quanto ti soffermi su quel colpo e per quanto te lo porti dietro?
Ti suggerisco pertanto questa riflessione, partendo dall’etimologia del termine esigenza che deriva dal latino exigentia ossia richiesta, pretesa di una cosa dovuta. Richiedere a se stessi di essere perfetti, di non sbagliare mai, di pretendere di realizzare un tiro esattamente come lo desideriamo ci mette in una condizione di “non libertà” e di paura. L’esigenza che si debba essere perfetti, se ci rifletti, spesso influenza molte delle nostre azioni quotidiane.
Il golfista esigente si concentra sull’errore e lo vive come perdita di perfezione. Il risultato è la perdita di energie e l’assenza di crescita e miglioramento.
Il golfista eccellente invece punta sui suoi punti di forza e impara dalle sue imperfezioni e dai suoi errori. Elabora le informazioni il più velocemente possibile e agisce in maniera tempestiva per non ripeterli già in quella gara.
Si può crescere anche grazie ai tiri non riusciti, accettando di essere imperfetti e vulnerabili, puntando all’eccellenza sfruttando gli errori e i tiri non perfetti. L’ errore di per sé non è controllabile. Puoi controllare il gesto atletico, la scelta del bastone, la tua concentrazione grazie a un mental coach… ma non dove terminerà il volo della tua pallina.
Pertanto, dopo un brutto colpo da mental coach ti consiglio di resettarti, rimetterti in gioco velocemente perché non hai molto tempo. Analizza dove e cosa non hai fatto come avresti dovuto, prendendoti le tue responsabilità e definendo dove puoi cambiare a partire dal colpo successivo.
D’altronde il “detto dei detti” non è forse sbagliando si impara?
Per contattare l’autrice del post:
Email: Sonja.caramagno@gmail.com
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