A un comune mortale tre milioni di dollari stravolgono la vita. A Tiger Woods no. Anche per questo Big Cat ha detto “no grazie” all’ingaggio propostogli dal Saudi International che, come l’anno scorso, diventa la gara della discordia.
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Una vista dall’alto del Royal Greens Golf & Country Club di King Abdullah Economic City (foto Internet).
Il gran rifiuto agli organizzatori della gara in calendario dal 30 gennaio al 2 febbraio e valida per lo European Tour 2020 fa molto rumore. “Non voglio andare lì – ha spiegato il californiano – il viaggio è troppo lungo”, lasciando di stucco gran parte degli addetti ai lavori. In Arabia ci saranno molte stelle del firmamento golfistico, dal campione uscente e numero uno del ranking Brooks Koepka a Dustin Johnson, da Patrick Reed a Phil Mickelson. Ci sarà anche Sergio Garcia che l’anno scorso perse le staffe e venne squalificato. Assente Rory McIlory.
Saudi International, perché no?
Domanda: perché Tiger non è andato a giocare in Arabia Saudita. La risposta istintiva (“saranno affari suoi”) è consentita e accettata. Legittimo anche volerne sapere di più. E qua si entra nel campo delle ipotesi.
Tiger ha disertato per il secondo anno l’invito del Saudi, rinunciando davvero a tantissimi dollari. L’anno scorso temeva per la sua incolumità fisica: un uomo di quella popolarità e con quella storia alle spalle riceve minacce più spesso di quanto noi possiamo immaginare. Quindi la prima ipotesi è legata a strette ragioni di sicurezza.
Qualcuno si spinge oltre: il no grazie celerebbe una motivazione politica. Nessuno vuole dimenticare che i petroldollari arrivano da un Paese dove i diritti umani non poi tanto diritti. La prima edizione del Saudi International avvenne in pieno caos giudiziario e mediatico per l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, ucciso nel consolato saudita di Istanbul nell’ottobre 2018. La questione dei diritti umani, compresi quelli delle donne, in Arabia Saudita è considerata ancora troppo lontana dagli standard occidentali. E quindi l’opinione pubblica si divide.
“Capisco che dietro a questi eventi – ha spiegato ancora Woods – ci sia anche la politica. Ma il golf può aiutare a curare anche questi aspetti”.
Terza ipotesi, la più terra terra di tutte: la scaramanzia. L’ultima volta che Tiger Woods è stato da quelle parti si infortunò ancora una volta. Era il 2017 e l’appuntamento era il Dubai Classic ma Big Cat dovette ritirasi dopo un solo giorno. All’epoca, in pratica, incassò 25mila dollari a colpo tirato.
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