Diario di golf in Sudamerica, tappa nella Guyana

Quarta e ultima tappa del viaggio in Sudamerica del nostro giramondo Pier Paolo Vallegra, l’italiano che ha giocato a golf in tutti gli Stati del mondo (eccezion fatta per 19). Oggi racconta la sua esperienza col golf nella Guyana.

di Pier Paolo Vallegra

“L’ultima tappa è stata Georgetown, nella Guyana, che raggiungiamo da Miami con un volo AA a mezzanotte. Ho in mente le raccomandazioni della Farnesina, ossia evitare il Cheddi Jagan Airport “nelle ore notturne a causa di furti e rapine ai viaggiatori, spesso individuati al momento di lasciare l’aeroporto”. Quindi ho avuto numerosi contatti via whatsapp, con Solomon, l’autista raccomandato dall’Herdmanstone Lodge Hotel. Solomon era puntuale all’uscita, ci ha portato in hotel e lungo i quasi 50 chilometri di strada nella foresta pluviale.

Il giorno successivo alle 9.30 ci carica Delon (della scuderia di Solomon) per il Lusignan Golf Club, un  piccolo nove buche, unico campo di golf della Guyana, a 26 km dall’hotel. E’ un par 35 di 2.847 yards, con due par 3 ed un unico par 5. Completamente piatto, qualche ruscelletto e un paio di stagni.

“Un team da sette voleva superarmi”

Piuttosto noioso, malissimo indicate le buche, tanto che si passava dal percorso rosso a quello blu o verde, o bianco, senza accorgersene. Non è che ci fossero 36 buche, erano sempre le solite nove. I diversi percorsi si ottenevano distribuendo i tee di partenza, con colori diversi, a capocchia, sul campo…

Pur partendo dal verde, la mia tre è stata il par 5 del blu (praticamente la 11)… non ci si capiva nulla. Alla fine ho portato a casa, tre par e due doppi bogey, soprattutto perché inseguito ed infastidito da un gruppo di 7 (sette) giocatori, cui devo aver invaso il campo (da verde a blu? o rosso?).

Questi mi hanno perfino mandato il marshall a chiedermi di farli passare… In sette? Ma quando mai? Ho fatto presente che i gruppi devono essere massimo di quattro giocatori. Essendo io e loro gli unici giocatori in campo, non capivo questa loro fretta visto che non li rallentavo di certo… Comunque, dopo due buche ho preferito deragliare dalla 7 del verde alla 16 del bianco e togliermeli dalle calcagna.

Insomma, non mi sono divertito…

24 euro per giocare a golf in Guyana

L’unica cosa positiva che, malgrado le previsioni, non ha piovuto per niente e il terreno, pur sconnesso, non era fangoso come mi aspettavo. Ai tempi del viaggio si era appena conclusa una lunga stagione delle piogge. Unica eccezione, il green della 2, dove sono riuscito comunque a fare par.

A fine percorso ho pagato 5.740 dollari della Guyana (24 euro) per il carrello, il green fee, due Banks (ottima birra locale) ed una Guinness per Delon. Lo stesso Delon ci ha quindi accompagnato in un ottimo ristorante da pesce (il consiglio è quello di offrire sempre il pranzo all’autista che così minimizzerà il rischio di cattivi incontri). Un’aragosta alla griglia con patate dolci e gamberi, oltre alla solita Banks, ha preceduto la visita al vicino Hard Rock Café, per comprare magliette per tutta la famiglia.  

Il giorno successivo è dedicato, con le opportune cautele, a conoscere un po’ Georgetown.

Arriva mister Apple (sempre scuderia Solomon) e ci accompagna a scattare foto. Georgetown offre veramente poco ad un turista: casa del Presidente, primo ministro, vescovo,  mercato Starbroek,  museo Roth (chiuso), Corte Suprema, chiesa di S. Patrick e cattedrale di S. George…

L’unica cosa interessante è il Monumento 1763, dedicato a Coffy, lo schiavo che guidò quell’anno la ribellione contro gli olandesi e il modo inumano in cui li costringevano a lavorare nelle piantagioni. Bruciò la fattoria della sua e poi si spostò in altre, bruciando ed uccidendo. Alla fine sposò la moglie del defunto proprietario. Divenne un vero problema per gli schiavisti che, un po’ per dissidi fra i ribelli, e grazie all’aiuto dei francesi ed inglesi delle colonie vicine, alla fine ebbero la meglio ed il povero Coffy si suicidò.

La statua tiene nelle mani un cane ed un coccodrillo strozzati, che rappresentano l’ignoranza e la cupidigia.

Sulla via del ritorno 18 buche a Miami

Iniziamo così il viaggio di ritorno a casa. Svegliataccia alle 3.30, Solomon si presenta puntuale alle 4, ci porta all’aeroporto alle 5, partiamo alle 7 ed alle 10.45 siamo a Miami.

Il volo per Madrid con Iberia è alle 21.55 per cui lasciamo tutte le valigie allo storage dell’aeroporto, facciamo un lunch veloce a base di empanadas e, con uno zainetto contenente scarpe, guanto, tee e sei palline, saltiamo su un taxi per il Costa del Sol GC. Si tratta di un par 72 di 5.480 yards (white tees) con cinque par 5, altrettanti par 3 e 8 par 4, a venti minuti dall’aeroporto, in zona Doral.

C’è molta acqua, come piace a me, soprattutto nelle prime nove (solo la 6, 7 e 8 non richiedono colpi a sorvolare). Nelle seconde nove, solo il par 3 della 15 prevede un volo sull’acqua. Non che l’acqua non sia presente, ma spesso si trova a destra o a sinistra del fairway. Basta andare dritti per evitare guai, o è così vicina alla partenza, che il suo ruolo è più scenografico, che di ostacolo. 

La buca 2 è un par 3 di 133 yards, con acqua dal tee al green; ferro 6, 2 putt, par. La buca 4 è un par 4 corto (321 yards) ma, dopo un buon drive, tento il green con il legnetto 7. Mi tengo troppo a destra e finisco in acqua a un metro dal green. Sand in green, due putt: doppio bogey.

La buca 12 è anch’essa un par 4 corto (319 yards), ma col secondo finisco in uno dei due bunker che difendono il green. Prendo poca sabbia e volo appena dopo il green, quindi approccino col ferro 9, e infine sbaglio il putt da un metro: doppio bogey.

Non è una gran giornata, anche se, a mia parziale discolpa, gioco con ferri non miei (non ho voluto complicarmi la vita allo Storage). Così il putt a biscottino proprio non mi dà retta.

La 15 (129 yards) è la fotocopia della 2 e la chiudo con lo stesso esito, anche se il secondo putt da 80 cm entra dalla porta di servizio. La buca 17 (132 yards) è ancora più facile: acqua lungo tutta la buca a sinistra, ma non frontale. Ferro 7 leggermente corto, approccino a 10 cm e par. Meno male che esistono i par 3 ! Tranne la 5 e la 7 (dove il putt a biscottino mi ha negato due volte un facile par), li ho presi tutti.

Concludo in bellezza alla 18, un par 4 corto, poco meno di 300 yards, con acqua (scenografica) a destra. Driver, ferro 8 leggermente corto, ferro 9 a correre e putt da 2 metri, finalmente dentro!

In totale 88, grazie ad un finale travolgente, con tre par nelle ultime quattro buche!
E siamo a –19!”