Golf e depressione, la storia di Andrew “Beef” Johnston

GUIDONIA MONTECELIO, Andrew Johnston intervista Tommaso Perrino durante l’All-Star match giocato prima della Ryder Cup (Foto di Paul ELLIS / AFP)

Che fine ha fatto Andrew Beef Johnston? L’inglese da look e sorriso inconfondibili è stato visto aggirarsi microfono in mano al media center al Marco Simone. Una nuova vita quella da reporter alla Ryder Cup visto che Beef non vede da tempo un campo da golf. L’inglese non vi ha messo piede per tutto il 2022 per un infortunio al pollice e nel 2023 ci ha provato una volta. Ha giocato l’Hero Dubai Desert Classic a gennaio, salvo rifarsi male. Beef è uscito allo scoperto qualche giorno fa, rivelando di avere avuto prima problemi fisici e poi – soprattutto – problemi di salute mentale. Golf e depressione, quindi.

Far volare la pallina è l’obiettivo di tutti i giocatori di golf. Se così non succede un dilettante se la prende e ci scherza a fine giro. Se così non succede un professionista se la prende, perde soldi e comincia a mettersi in discussione. Una discussione che può portare anche a pensieri estremi. “Ero a Singapore con tutta la mia famiglia – racconta Beef – per l’intervento chirurgico al pollice. Eravamo all’inizio del 2023. Ad operazione finita ricordo di aver guardato fuori dal 19esimo piano del nostro albergo. Mi domandavo: ‘Giocherò ancora a golf?’. Ero scosso, un momento davvero buio. Allora i pensieri iniziavano a girarmi in testa: ‘Cosa accadrebbe se saltassi giù?” mi sono chiesto. Poi ho cominciato a pensare di avere una moglie e una figlia… A loro devo tutto”.

“Lo psicologo un giorno mi ha lanciato una sfida: ‘Sei sul letto di morte, dimmi per cosa vuoi essere ricordato’”.

Le parole ora escono naturali al professionista inglese. A raccoglierle un ex calciatore, Robbie Savage, alla vigilia del BMW PGA Championship a Wentworth di qualche settimana fa, una di quelle gare che tutti sognano di giocare. Il documento firmato DP World Tour è finito nella campagna social di CALM, acronimo di Campagn Against Living Miserably, charity partner del BMW PGA Championship.

Andrew Johnston, classe 1989, non nasconde nulla dell’incubo fatto di golf e depressione, un tunnel iniziato proprio all’apice della sua carriera. Nel 2016 arrivò il primo successo sull’allora European Tour, a Valderrama. Quindi l’ottavo posto al 145esimo The Open Championship. In poche settimane Beef arrivò al numero 74 nel ranking mondiale e il futuro sembrava essere dalla sua parte. Invece qualcosa ha fatto crac.

“Ero un ragazzino che arrivava da un piccolo circolo a nord di Londra. Mi piaceva scherzare e passare del tempo con i miei vecchi amici. All’improvviso mi sono trovato in campo con idoli come McIlroy e Fowler. ‘Che ci faccio qua? E’ ridicolo’ ripetevo a me stesso” ricorda oggi Beef.

In questo clima, difficile pensare e  giocare. E infatti lo ammette lo stesso inglese: “La pressione che mi sono messo addosso per cercare di vincere ogni gara – tra l’altro, una cosa del tutto irreale – ha fatto peggiorare il mio gioco. Mi sono innervosito e più quella pressione saliva più facevo fatica anche con le cose più semplici. Era una spirale che mi avvolgeva in qualsiasi campo giocassi”.

Golf e depressione, una spirale che ti avvolge

Anche se non la nomina mai quella spirale potrebbe essere un sinonimo di depressione, una di quelle che ti si stampa addosso e ti porta a vedere in bianco e nero il mondo a colori.

Golf e depressione, andrew beef johnston
SOUTHAMPTON Andrew Johnston allo U.S. Open 2018 (Foto di Andrew Redington / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP)

Tra malanni fisici e una salute mentale non proprio inattaccabile, Andrew ha trovato nella famiglia la forza per ammettere il problema prima e cercare di uscirne poi. La moglie, Jodie, di mestiere fa la psicologa. La sua bambina si chiama Harley e ha tre anni. Loro le chiavi per fermarsi e guardare oltre il golf.

Andrew si è messo in gioco e si è fatto curare da uno psicologo inglese molto conosciuto nel mondo dello sport. Si tratta di Steve Peters. Nel video per CALM Beef ha solo belle parole per quel professionista “che mi ha permesso di ricalibrare la mia mente. Mi ha fatto capire cosa succede realmente attorno a me. Non lo dimenticherò mai. Sono convinto che tutti in questo mondo prima o poi passino situazioni come la mia, indipendentemente dal lavoro che fanno”.

Beef nel giorno della vittoria a Valderrama

Delle tante sedute Andrew Johnston ne condivide una con tutti. “Peters un giorno mi ha lanciato una sfida: ‘Sei sul letto di morte, dimmi per cosa vuoi essere ricordato’. Io ho risposto di getto: ‘Voglio solo essere Beef o Andrew, qualunque nome. Voglio essere ricordato per i miei amici, per essere una persona simpatica e divertente. Per aver fatto tante risate, essere ricordato come una brava persona’ .

Lo psicologo mi ha lasciato parlare e poi ha spiegato: ‘La spirale se n’è andata, in quella risposta non hai citato il golf o una gara di golf. Visto? Non è così importante dopo tutto’. Ha dato un grande schiaffo alla mia realtà. E la mia vita così è cambiata. Me lo porterò dentro per sempre”.


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