Is Arenas, golf e storia di uno dei campi più sorprendenti del Mediterraneo

In Sardegna, nella penisola dei Sinis, il 18 buche par 72 disegnato da Von Hagge che lo definì uno dei suoi migliori progetti. In una pineta artificiale e unica, l’esperienza del gioco diventa immersione in un territorio poco conosciuto ma ricco, poco turistico ma affascinante..

Una veduta aere di Is Arenas
Una veduta aerea di Is Arenas

“Su questo campo, che è il più bello che io abbia mai disegnato, lascio il mio cuore”. Così disse Robert Von Hagge, uno dei più celebri architetti di campi da golf. Il luogo a cui fece riferimento con quella frase è Is Arenas Private Golf and Foresterie Boutique Resort.

di Giulia Bassi

Si tratta di un incantevole angolo della penisola del Sinis, in provincia di Oristano, lungo la poco battuta e poco conosciuta costa occidentale dell’isola. Quella meno turistica, meno pubblicizzata ma incontaminata e tutta da scoprire.


La struttura ricettiva – Il percorso si trova all’interno dalla pineta, la stessa dove il gruppo Baja Hotels ha da poco inaugurato il nuovissimo “Is Arenas resort”, una struttura a 5 stelle che lavora in sintonia e collaborazione con il golf club. Il campo è un 18 buche par 72, abbinato a un percorso executive di tre buche par 3 giudicato tra i più attraenti del Mediterraneo. La sua ricettività è fatta di eleganti foresterie, ville e ristorazione privata annessa. E’ vicinissimo al nuovo, e appena inaugurato Is Arenas resort, per un’ulteriore possibilità di relax, benessere e lusso. Insomma, un paradiso per l’anima che offre la possibilità di un’immersione nel gioco ma anche nella natura. Quella natura che per il golfista diventa un’ ‘esperienza in solitaria senza eguali.

Is Arenas, non si prenota il tee time

Il senso di una simile esperienza, così come l’importanza del territorio circostante, lo spiega Silvia Pellò, architetto e general manager . Il nome commerciale della struttura infatti recita The Private Golf e non è di certo un caso. “E’ per dare l’idea della solitudine del giocatore – dice Pellò – il campo non è mai pieno. L’alta qualità della manutenzione e del disegno tecnico del campo fanno sì che i golfisti qui possano giocare senza vedere nessuno davanti e dietro. E’ un’esperienza impagabile, non serve prenotare il tee time prima di arrivare”.


Cura e manutenzione – La cura maniacale è ben riconosciuta da un’affezionata clientela tipicamente nordeuropea, che qui ritrova la precisione e l’attenzione al dettaglio cui è abituata. E la manutenzione, così come la gestione è portata avanti rispettando la mentalità del posto: alta qualità della vita, ampi spazi, tempo a disposizione. Questo angolo di Sardegna, come detto, non è raggiunto dal turismo speculativo. Qui trionfano ancora cultura, tradizione e autenticità, aspetti che secondo Von Hagge rappresentavano la vera ricchezza di Is Arenas.

L’architetto, infatti, riteneva questo campo il più bello mai disegnato non perché all’interno di una pineta di 1.100 ettari. Nemmeno per i sei chilometri di spiaggia vicina. Il suo plus era ed è la ricchezza del territorio agricolo circostante, la qualità di pesce, frutta, verdura, vino e di tutti i prodotti locali. Definì il vero tesoro i piccoli villaggi intorno perché “luoghi autentici” e il turismo, secondo lui, sarebbe andato sempre più alla ricerca di quei luoghi.

Is Arenas
Is Arenas

La pineta e la mano dell’uomo

Storia di una pineta artificiale – Ed è difficile immaginare un luogo più autentico di questo. Un posto la cui storia è già un’avventura, come racconta ancora Silvia Pellò. La pineta, infatti, non è naturale: la sua impiantazione è iniziata nel dopoguerra grazie ai fondi del piano Marshall. Nel 1800 quello che era un bosco di lecci e ginepri andò verso un graduale diradamento che lasciava campo vinto al vento di maestrale. Le conseguenze furono distruzione del bosco originario e desertificazione (al punto che questo divenne il secondo deserto più grande d’Europa).

Altro problema era legato al maestrale in grado di spingere la sabbia nell’entroterra, mettendo a rischio la sopravvivenza di una zona agricola. Per questo la piantumazione della pineta nel secondo dopoguerra, avvenuta con l’uso del pino marittimo toscano, è stato un atto necessario. Il piano di continuo diradamento e mantenimento, però, (per permettere alle piante di avere lo spazio per crescere) non fu quasi mai portato avanti.

L’intervento umano per salvare la pineta – Ed è qui che le vicende della pineta, del futuro campo da golf e della famiglia Pellò si intersecano, grazie alla lungimiranza di Pier Maria Pellò, ingegnere meccanico aeronautico e insegnante al Politecnico di Milano.

Pellò arrivò qui negli Anni ’70 e si innamorò a prima vista del posto. Si rese conto subito che senza un piano di mantenimento la pineta sarebbe andata distrutta. Così decise di prendere in gestione la proprietà e mettere in atto un piano di diradamento. Ed è ancora Silvia a raccontare il lavoro fatto dal papà, prima per salvaguardare la pineta poi per un campo da golf unico. Decise di effettuare diradamenti selettivi. C’era un carico di incendi enorme nella pineta per il sottobosco e i rami dei pini secchi intrecciati tra loro. Quindi ha costruito 25 pozzi per creare una rete idrica visto la falda molto ricca, ridando a Is Arenas il suo naturale sviluppo- Ossia antropizzarla per salvarla e ridarle vita.

L’idea del campo da golf

“Un bene mantenuto da un provato ha bisogno di essere produttivo”, spiega Silvia. Ed è a questo punto che Pier Maria Pellò individua come prima fonte di interesse di uno sviluppo (all’epoca la Sardegna aveva solo un turismo stagionale) proprio un campo da golf. Un modo, nelle sue intenzioni, per destagionalizzare un prodotto turistico, salvaguardare e tenere in vita la pineta e dare lavoro tutto l’anno.

Per l’ideatore di questa struttura, infatti, la componente affettiva, il rispetto del luogo e la volontà di elevarlo al meglio, hanno sempre avuto la meglio sul puro spirito imprenditoriale. Basti pensare al sistema anti-incendio dei laghi della buca 16, due vasi comunicanti con in mezzo una stazione di pompaggio. Furono creati ben prima del campo da golf per alimentare la rete antiincendio. Inoltre per anni sono stati usati da canadair per spegnere gli incendi della zona.

Is Arenas

Il primo campo in bermudagrass – E’ il 1999 l’anno dell’apertura del campo da golf da 18 buche e delle foresterie. Oltre a questo però c’erano già un campo a tre buche (in attesa delle autorizzazioni per il 18 buche) e un campo pratica, costruito prima come campo sperimentale dei manti erbosi. L’Is Arenas Private Golf è stato il primo campo in Italia fatto con l’erba bermuda. “Fu una scelta di Von Hagge, molto azzardata, perché diceva che qui siamo all’altezza delle Baleari e di solito la bermudagrass si usa nei campi ai Caraibi avendo bisogno di meno acqua. E’ stata una scelta fatta per rispettare l’ambiente e la falda”, spiega Silvia Pellò.


Mentalità locale – Ne è così nato un percorso che porta dritto al cuore di un deserto incontaminato e selvaggio. Il tutto tra sontuosi paesaggi e la tranquillità della natura circostante, in cui i giocatori sono chiamati alla sfida, buca dopo buca. Un percorso, per neofiti o professionisti, che mette in contatto con tutti gli elementi: mare, sabbia, acqua, flora, fauna. Un percorso che ha sempre voluto rispettare la mentalità locale, oltre che la sua natura e la sua gente. Perché qui il turismo di massa non esiste e nessuno ha intenzione di farcelo arrivare. Le persone, che hanno l’orto e non hanno mai problemi a mettere in tavola il cibo, hanno i loro ritmi, i villaggi sanno mantenere quell’autenticità che altrove è stata snaturata.

Is Arenas


Natura e solitudine – Sta anche in questo il concetto di “solitudine” che i golfisti possono provare su un campo tanto tecnico quanto perfettamente curato, sta nell’immergersi completamente nella bellezza della natura, nel suo silenzio e nel benessere che regala. Siamo davanti a un’esperienza di rara riconnessione col mondo e con se stessi. Il tutto addolcito da un clima mai eccessivamente freddo (in inverno temperature raramente scendono sotto i 10 gradi) e mai troppo afoso (in estate è difficilissimo superare i 33).