Matteo Manassero a Golfando: state in casa, si vive anche senza golf

di Sauro Legramandi – @Sauro71
Matteo Manassero è una delle persone più piacevoli che abbia conosciuto nel mondo del golf. Piacevole e intelligente. Lo prova questa conversazione di qualche ora fa, in piena pandemia per il coronavirus, dove lui – uno dei golfisti italiani più vincenti di sempre – dimostra di aver le idee ben chiare in testa. Ventisette anni da compiere il prossimo 19 aprile, Matteo Manassero merita di dire la sua non solo con un bastone in mano e una pallina da imbucare.

Matteo Manassero (foto di Ornella Parigi).

Matteo Manassero (foto di Ornella Parigi).

Come passi le tue giornate?
“Io e la mia fidanzata siamo chiusi in casa. Siamo usciti una volta sola dai primi di marzo e lo abbiamo fatto per fare la spesa. Rispettiamo le regole. Come tutti penso, abbiamo giornate sballate perché si va a letto più tardi e ci si sveglia con calma. Cerchiamo di fare attività fisica, guardiamo la tv, io gioco con la playstation. Sapendo cosa c’è fuori non c’è altro da fare. La situazione è molto pesante e questa è l’unica cosa che possiamo fare: stare chiusi”.

Riesci a tenerti in forma?
“Non so quando tornerò a giocare e quindi non posso pensare ad un allenamento tecnico, anche perché non sarebbe corretto. Si fanno previsioni ma sono tutte difficili. Prima dello stop stavo lavorando sul mio swing e mi sentivo bene: è un peccato, ma nessuno poteva pensare di vivere un momento simile. In questi giorni faccio un lavoro di potenziamento fisico: non abbiamo il giardino ma un bel terrazzo. Ed è lì che mi tengo in forma come possibile”.

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Come professionista Matteo Manassero avrebbe delle deroghe: volendo, potrebbe…
“Sì, lo ha ribadito anche il saltatore Tamberi ma non è giusto. Non penso sia il momento giusto per farlo. Sono, anzi siamo, cittadini e dobbiamo rispettare le regole. Sentiamo il dovere di rispettarle. E da cittadino dico grazie ai nostri fantastici medici in prima linea”.

Troppa gente in giro secondo te?
“Mi guardo attorno e vedo solo persone che si muovono per necessità. Una parente della mia compagna lavora in un Municipio ed è costretta ad uscire di casa. Altri lavorano per i cittadini nei supermercati. Furbetti? Ognuno deve fare il proprio, pensare a casa propria. Difficile giudicare ma da un lato ci sono quelli che escono e dall’altro quelli terrorizzati chiusi a chiave in casa. Nessuno aveva mai vissuto una situazione del genere”.

Matteo Manassero (foto di Ornella Parigi).

Matteo Manassero in Oman (foto di Ornella Parigi).

Coronavirus e golf. Ad inizio marzo la federazione ha proibito le gare nei circoli, in osservanza delle direttive del governo. Qualcuno ha storto il naso. Qualcun altro continua a storcerlo.
“Mi ricordo, sì, c’era gente che si lamentava. In quei giorni non era chiara la portata di questa epidemia. Col senno di poi, oggi si può dire che si è salvata la vita a molte persone con quel blocco. Io ero in Spagna e avrei dovuto andare in Francia per una gara, non me la sono sentita e sono tornato a casa. E ho fatto bene”.

Matteo Manassero all'Open d'Italia 2019 (foto di Ornella Parigi)

Matteo Manassero all’Open d’Italia 2019 (foto di Ornella Parigi).

“Non c’è contatto fisico, non vado in clubhouse, niente doccia: perché non posso giocare”. Questo il pensiero più diffuso
“Posso anche non dare la mano al mio compagno di gioco ma c’è il rischio di chi tocca la bandiera o il rastrello nel bunker o altre situazioni. Sono convinto che la decisione di sospendere tutto sia stata fatta per il garantire zero rischi”.

Sembra che la gente non possa vivere senza golf…
“Invece noi siamo una categoria privilegiata, siamo in fondo alla classifica dell’utilità sociale in questo momento. Siamo cittadini chiamati a rispettare le regole per vedere la luce in fondo al tunnel. E quando arriverà quella luce noi ci saremo e giocheremo. Oggi si sopravvive anche senza golf”.

Matteo Manassero, da PGA e European alla Ryder Cup

A livello professionistico prima European Tour e poi PGA hanno bloccato tutto. Con ritardo?
“Guarda, si sono mossi con i tempi della percezione del rischio dei loro Paesi. Inghilterra e Stati Uniti hanno impiegato molto a realizzare la portata del coronavirus e a prendere decisioni. E’ per questo che ci è voluto del tempo. La responsabilità di European e PGA va oltre lo sport: se io italiano andassi a giocare in Inghilterra non è poi detto che potrei rientrare nel nostro Paese. Alcune gare non si faranno più quest’anno, il PGA e il Masters ad esempio.”

Un Major a porte chiuse come lo vedrebbe Matteo Manassero?
“Non sarebbe sport. Lo sport per me è uno spettacolo, un tifoso deve andare a vedere il golf come se andasse a teatro. Senza pubblico lo sport non è utile, non ha senso giocare senza gente attorno. Nel calcio ci può stare una o più partite a porte chiuse per ordine pubblico ma è l’eccezione. Lo sport in generale deve essere un diletto per tutti: per chi lo gioca e per chi lo guarda”.

Si giocherà la Ryder Cup 2020?
“Non lo so. A porte chiuse penso proprio di no. Mancano ancora dei mesi e prima di tutto è importante capire come sarà la situazione sanitaria negli Stati Uniti. Posso garantire che chi prende le decisioni nel golf ha sale in zucca, non ci sono complottisti (qualcuno vorrebbe far slittare tutto e riportare la Ryder Cup negli anni dispari e allontanarla dalle Olimpiadi, ndr). L’interesse principale è garantire la salute di tutti. Lo assicuro al 100%. Non giocando per mesi, almeno fino a maggio, c’è anche il problema del ranking: l’ordine di merito degli ultimi tornei di febbraio sarebbe un po’ sfasato per una Ryder che si gioca a settembre”.

Se slittasse di un anno, slitterebbe anche la Ryder Cup in Italia…
“Più si attende una cosa più la si apprezza”.

Matteo Manassero (foto di Ornella Parigi).

Matteo Manassero con un amico (foto di Ornella Parigi).

“Il lavoro principale l’ho fatto sullo swing”

Facciamo un salto all’indietro: la giornata standard di Matteo Manassero?
“In campo a Gardagolf al mattino, poi nel pomeriggio palestra per tre o quattro volte alla settimana. Mi stavo preparando per giocare ai primi di maggio sul Challenge, ero contento per i cambiamenti e poi si è fermato tutto. Riprenderò da là. Farò un ripasso di quanto ho appreso in questi mesi”.

Al tuo debutto da commentatore tv hai detto di aver lavorato con Phil Kenyon, uno dei più grandi putting coach al mondo.
“E’ un grande professionista e un grande tecnico. Sul putt non ci sono stati grossi cambiamenti, lì ho ancora margine di miglioramento”.

Le novità sono altre, vero?
“Sì, come sai ho un nuovo maestro e quello è stato davvero un grosso cambiamento. Abbiamo lavorato sullo swing. E’ cambiato lo stile di insegnamento, mi ha aiutato a liberami dei freni inibitori. Con James Ridyard ho trovato una buona quadra sia sul back che sul downswing. Era il momento di mettere in pratica quanto appreso ma poi si è fermato tutto”.

Il tempo sarà galantuomo. Hai una vaga idea di quando tornerai a giocare?
“Fino a maggio è tutto fermo. C’è una tappa italiana del Challenge a giugno ma mi pare difficile giocarla. Noi italiani potremmo anche andarci perché spero che da qua a giugno l’epidemia sia rientrata in casa nostra ma come possono venire da noi giocatori di altri Paesi? Il golf sul Tour e anche nel Challenge è fatto di professionisti di tutto il mondo: se partono per l’Italia e poi non possono rientrare del tutto? Brutta situazione, davvero. Io dico che forse a fino luglio si potrà pensare di giocare ancora. Forse agosto”.

I tuoi colleghi li senti?
“Spesso. Mi sento tanto con Edoardo, Nino che abita qua vicino, Bergamaschi e gli altri. Ho visto Quiros che si è chiuso in casa. Ho sentito anche altri giocatori stranieri del Tour, volevano sapere come andavano le cose in Italia. Tutti hanno la consapevolezza del problema.”

Vi sfido a trovare una sola frase scontata in tutta questa intervista.

Golfisti, non giocate ai tempi del coronavirus: restate umani !

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