Nuovo appuntamento con il nostro Pier Paolo Vallegra, il golfista che definire giramondo può sempre riduttivo. Da parecchi anni Vallegra sta portando avanti il suo sogno: giocare in tutte le nazioni del mondo con almeno un campo da golf di nove buche lungo mille metri. Stavolta ci porta in Africa. Prima tappa il Burundi.
“L’ultima puntata su Golfando del mio viaggio si chiudeva in Guyana (British Guyana). Dopo quella tappa erano 19 le nazioni mancanti. Con la chiusura dell’Ebla GC di Damasco, i Paesi sono scesi a diciotto. Nella primavera 2023, ho coperto altre dieci nazioni in Oceania (Isole Marianne Settentrionali, Guam, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone, Vanuatu, Fiji, Tonga, Isole Cook, Samoa e Samoa Americane), riducendo il numero a otto.
di Pier Paolo Vallegra
Il viaggio in Oceania si è trasformato in un viaggio intorno al mondo, in quanto, arrivato a Pago Pago in Samoa Americane, era più semplice continuare verso est che tornare indietro (cinquemila chilometri in meno). Così ho giocato anche, di passaggio, alle Hawaii e nella Valle della Morte, prima di rientrare via Newark. Si tratta di un tour lungo e complesso, non comprimibile in un diario di viaggio. Così vedrò che veste grafica dargli, prima o poi…
Con l’inizio del 2024 eccomi pronto a ripartire, sempre col mio fedele caddie, per l’Africa nera, verso le quattro destinazioni che mi mancano per ultimare tutte le 42 nazioni africane con un campo da golf. Sono dodici quelle che non ne hanno uno (22% del totale, il rapporto continentale più alto del mondo).
In totale sono 11 giorni, otto voli con quattro compagnie (tre africane: Ethiopian, Asky, Taag).
In Burundi è sconsigliato l’uso dei taxi
La prima meta è il Burundi, raggiungibile da Malpensa via Addis Abeba (volo notturno Ethiopian 6 ore e 25 minuti), stopover di quattro ore, e volo per Bujumbura di 2 ore e 45 minuti.
Arriviamo alle 13.15 in perfetto orario (tutti i voli saranno puntualissimi) e troviamo lo chaffeur che, in quindici minuti, ci porta al Roca Golf Hotel (navetta gratuita).
La nostra camera ha un ampio balcone che dà direttamente su un green del campo di proprietà.
Il ristorante è operativo anche alle 15.30, così approfittiamo per un veloce spuntino, e poi ci facciamo portare dall’auto dell’hotel. La scelta è quasi obbligata perché non è consigliabile prendere un taxi. I motivi? La microcriminalità diffusa e il rischio terrorismo per la partecipazione delle forze armate burundesi alla missione AMISOM in Somalia. La vettura dell’hotel ci porta alla famosa pietra dove si racconta si ritrovarono Livingstone e Stanley nel 1871 (il conosciutissimo “I suppose…”).
E’ di conforto avere l’accompagnamento dei corpi speciali dell’esercito burundese, lungo la strada sterrata che porta fuori Bujumbura.
L’accesso alla pietra è regolamentato da un tizio che apre e chiude un cigolante cancello metallico. Ci viene rilasciata ricevuta, con tanto di timbro del ministero dei Trasporti e del Turismo, per 20.000 Bif (franchi del Burundi), che corrispondono a circa 6,5 euro. Non avendo con me Bif, propongo 10 $. Proposta subito accettata.
Dalla pietra, si racconta, i due esploratori partirono per cercare le sorgenti del Nilo lungo il lago Tanganica, che si vede all’orizzonte. Come i legionari romani dei tempi di Nerone, ovviamente non le trovarono.
Il nove buche in Burundi
Il mattino dopo, contrariamente alle previsioni, non piove. Così otteniamo l’unica voiturette presente al Bujumbura Golf Club, quella del Comité che, non essendo giorno di gare, dopo una trattativa fra il caddie master e la reception dell’hotel, riusciamo a far partire grazie al caddie improvvisatosi meccanico ed elettrauto.
Il campo è un nove buche par 35 con doppie partenze, con piccole differenze, tranne la 14. Questa è un par 3 di 134 metri (handicap 17) quando la si gioca come buca 5. Nelle seconde dove diventa un par 4 di 388 (handicap 1).
La cosa più rilevante è l’imponente mango che si staglia in mezzo alla 4.
Il percorso non è indimenticabile. Il fairway è fatto di erba dura (tipo gramigna) e bagnata dalle piogge giornaliere, combinazione perfetta per colpire male la pallina…
Così, anche in par 4 inferiori ai 300 metri (come la 1 e la 6) o di appena 330 metri come la 9, rimedio un doppio bogey. Il tutto viene compensato dai quattro par, ai tre par 3 (non cortissimi) e al par 5 della 4, (hcp 2) per un 43 totale.
Rawagasore come Mandela o Luther King
Nel pomeriggio visitiamo il Mausoleo di Louis Rawagasore, per me un personaggio della statura di Mandela o di Martin Luther King.
Il Burundi fin dal 1680 era sede di un regno, il cui capostipite fu Ntare Rushatsi, della dinastia Baganwa. La sua successione continuò con altri nove re, anche dopo le varie occupazioni europee, fino alla proclamazione della Repubblica nel 1966.
Louis Rawagasore era il figlio primogenito e principe ereditario del penultimo di questi re, Mwambutsa Bangiricenge. Il principe, nato nel 1932, dopo gli studi in Ruanda ed in Belgio, rientra in patria a 26 anni e fonda l’UPRONA insieme a personalità di tutte le etnie, regioni e religioni. L’obiettivo è lottare contro i colonizzatori belgi e reclamare l’indipendenza del Burundi.
Il conflitto col padre e col governatore belga si acuisce sempre più, fino alle elezioni del 1961 in cui Rwagasore stravince con l’80% dei voti. Il 29 settembre diventa primo ministro. Lo resterà per 14 giorni, in quanto il 13 ottobre venne assassinato da un sicario (con un fucile da caccia grossa) mentre cena in un ristorante di Bujumbura. Aveva ventinove anni. Dopo meno di un anno il Burundi ottenne l’indipendenza.
Gli esecutori materiali e i mandanti (leader del partito democratico cristiano sostenuto dal Belgio) furono individuati e condannati a morte. La responsabilità del Belgio, ben più che morale, sarà provata negli anni successivi.
Il corpo del giovane principe fu seppellito sulla collina Vugizo a Bujumbura. Al suo fianco verranno interrate le spoglie delle sue bambine. Oggi il suo mausoleo è monumento nazionale e meta di pellegrinaggio.
Con la sua morte si infrange il sogno di un Paese indipendente ed unito, in cui tutti i burundi possano pacificamente convivere, con il loro umwami (il re), garante della tradizione.
A breve scoppierà il problema etnico e si avranno anni di assassini, complotti, torture, genocidi veri e propri. Il vecchio re in esilio e il figlio saranno assassinati, come tutti i collaboratori di Rwagasore e l’esercito diverrà una milizia di soli tutsi.
Il principe resta il padre dell’indipendenza e l’eroe dell’unità nazionale, con il suo motto scolpito sulle pareti del mausoleo: Imana, Umwami, Uburundi (Dio, Re, Burundi).”
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