Francesco Abbà: dal Politecnico di Torino ai college Usa, non solo per il golf

Nuovo capitolo del nostro viaggio alla scoperta di chi lascia l’Italia per studiare e giocare a golf nei college Usa. Nel 2021, Francesco Abbà ha salutato tutti per un’opportunità unica: coltivare la passione per il golf e studiare business administration all’Università dell’Illinois-Springfield. Scopriamo la sua storia, i suoi sacrifici e la sua crescita professionale e personale. Francesco, classe 2001, è cresciuto al Royal Park I Roveri.

Buongiorno Francesco Abbà, da dove arrivi?

“Da La Morra, un piccolo paese in cima a una collina nelle Langhe, in provincia di Cuneo”.

La passione per il golf quando è nata?

“Intorno agli 11 anni, mi sono immediatamente innamorato del golf. E’ uno sport così complesso e completo da far provare emozioni forti in un contesto spettacolare come il campo da golf”.

Da Torino agli States, un golfista italiano negli Usa: e la famiglia? 

“Mi hanno supportato e incoraggiato ad andare negli Stati Uniti. Erano preoccupati per me, andavo da solo a 7.000 km da casa. Stare via per mesi mi ha fatto realmente realizzare quanto conti la famiglia e quanto sia importante il suo aiuto. Per assurdo, mi sono avvicinato molto a loro anche se fisicamente mi sono allontanato”. 

“Negli Usa per golf, laurea e lavoro”

Quando hai deciso per il college e perché?

“Ho deciso di andare al college relativamente tardi, durante il mio primo anno di università alla facoltà di architettura al Politecnico di Torino. A metà anno decisi di rinunciare agli studi per buttarmi nell’ esperienza del college poiché ho realizzato che frequentare e stare al passo con gli esami in un’università tradizionale in Italia é materialmente impossibile.

A soli 19 anni non mi sentivo pronto a rinunciare completamente al golf al quale avevo dedicato dieci anni. Quindi decisi di studiare negli Stati Uniti sapendo che offrivano la possibilità di ottenere una laurea e allo stesso tempo continuare a competere. Ho deciso per il college anche perché naturalmente ti permette di imparare l’ inglese. Qua c’è anche la possibilità di fare un internship part time (20 ore a settimana) che permette di affacciarsi al mondo del lavoro mentre si continua a studiare e giocare a golf”.

Cosa pensano i tuoi amici sull’aver lasciato l’Italia anche per il golf?

“Non ho mai discusso questa scelta più di tanto con i miei amici. Posso dire che sicuramente li vedevo tristi per la mia partenza ma nei momenti difficili mi hanno sempre detto assolutamente di non mollare e di restare negli Stati Uniti”.

Professionisti che ammiri e che segui ?

“Chiunque giochi su un tour maggiore come PGA/DP/LIV. Mi piacciono molto i giocatori che sono andati sul PGA Tour dopo essersi laureati al college, come Hovland e Aberg per citare due europei. In assoluto penso negli ultimi dieci anni McIlroy abbia sempre avuto una marcia in più. Mi piacerebbe vederlo vincere nuovamente un Major, magari il Master visto che è l’unico che gli manca.

Francesco Abbà, la giornata tipo

Come si svolge la tua giornata tipo?

“Workout con il team al mattino (alle 7 di solito) poi studio, pratica, e classi a fine giornata (6-8.30pm). Cena a seguire. Nel mio college c’è la possibilità di avere le classi sia al mattino che alla sera. Io personalmente scelgo classi serali così da poter avere la parte centrale della giornata libera per altre attività come studiare o andare al golf”.

Quante volte torni in Italia?
Due volte l’anno. Una per la pausa invernale (un mese) e una per la pausa estiva (tre mesi)”.

Da dove arrivano i tuoi compagni del team?

“Un po’ da tutto il mondo. Quando ero in Texas per i primi due anni ero l’ unico studente straniero. Ora sono in un team dove sei su dieci sono stranieri. E’ bello avere un compagno di team belga, perché essendo entrambi europei siamo culturalmente più vicini e quindi é più facile capirsi. Devo dire che anche quando ero in Texas ho stretto legami forti con molti compagni americani che rimarranno amici per la vita. Stesso discorso vale per il periodo attuale in Illinois”.

Ci sono italiani?

“In Texas ero l’unico Italiano, mentre  ora in Illinois la situazione é ben diversa in quanto ci sono diversi italiani nel campus che praticano altri sport, tra cuiiI miei attuali compagni di appartamento. Inutile dire quanto sia bello e quanto ti possa far sentire a casa vivere con altri italiani, anche se devo dire che mi trovavo bene uguale in Texas quando dividevo la casa con altri due americani miei compagni di team. “

Con chi hai legato di più al college?

“Principalmente compagni di team o comunque altri atleti. Alcuni diventati amici stretti, mi hanno invitato a casa loro per passare il Thanksgiving insieme. Sono infinitamente grato al college per avermi dato la possibilità di vivere quest’ esperienza. Non avevo mai provato nulla di simile prima di andare in America”.

“Meglio il college che il professonismo subito”

Credi che sia meglio passare dal college o tentare subito il professionismo?

“Assolutamente il college, specialmente se si pratica uno sport come il golf in cui sono presenti migliaia di variabili e il successo e tutto meno che assicurato. Studiare al college permette di mantenere buoni livelli di allenamento e sopratutto competitività mentre (cosa più importante) ci si garantisce un futuro nel mondo del lavoro ottenedo un titolo di studio”.

Che consiglio daresti a chi è indeciso su studi e sport negli Stati Uniti?

“Direi di immaginarsi fra dieci anni e immaginare dove si vede. Quindi valuti quanto un’ ‘esperienza negli Stati Uniti al college possa aiutarlo. Ho parlato con molti che erano indecisi e sinceramente ho detto che è vero che il college richiede dei sacrifici ma come ogni cosa nella vita, per ottenere certi obiettivi bisogna fare sacrifici. Ora che sono vicino alla laurea, posso dire che ciò che ottieni alla fine del percorso ripaga assolutamente ogni sforzo fatto”.

Sei diventato un golfista migliore?

“Più che un golfista migliore sono diventato un atleta migliore. Più resistente mentalmente e determinato a raggiungere i propri obiettivi, imparando a non mollare mai. Dal punto golfistico penso che nulla possa preparare meglio un atleta che dover gestire la costante pressione per le qualifiche per i tornei ogni settimana. L’impatto con questo sistema può essere difficile all’inizio, come lo è stato per me, ma imparando negli anni si riesce ad acquisire un grande controllo su se stessi sul campo da golf. E’ una cosa che ritengo fondamentale per il successo.”

Dalla sfida ai campi (diversi)

Qual è la più grande sfida attuale di Francesco Abbà?

“La più grande sfida attuale rimane riuscire partecipare ad ogni gara così da vedere campi nuovi e fare nuove esperienze con i miei compagni di squadra”. 

Che differenze ci sono tra i campi italiani e quelli americani?

“Personalmente non ho trovato differenze incredibili. La cosa più scioccante sono gli standard della manutenzione: tutti i campi dove ho gareggiato erano in condizioni impeccabili, con green velocissimi e fairway senza imperfezioni, cosa rara da trovare in Italia. Per quanto riguarda il design quelli americani sono più lunghi e soprattutto molto più duri, con i green più grandi ma molto difficili da puttare, perché sono di solito veloci e con grosse pendenze. Un vantaggio degli Stati Uniti è sicuramente quello di poter giocare in campi molto diversi tra loro. In quattro mesi sono passato da campi più corti e stretti in mezzo agli alberi a campi lunghi e larghi in mezzo al deserto”.

Tre cose fondamentali che Francesco Abbà ha imparato al college…

“Nell’ordine: gestione del tempo, gestione delle difficoltà e valorizzazione di amicizie e famiglia”.


(Si ringrazia per la collaborazione Francesco Tebano di Athletesusa.org)