La Superlega è la fotocopia della Premier Golf League, eppure…

di Sauro Legramandi
Il battesimo veloce e l’ancora più veloce elogio funebre della Superlega di calcio mi ha fatto tornare in mente un’altra rivoluzione annunciata e, per ora, rimasta sulla carta. Alzi la mano chi si ricorda la Premier Golf League, nata poco più di un anno fa e poi di fatto sparita almeno per noi comuni golfisti.

Eppure Superlega e Premier Golf League sembrano due facce della stessa medaglia. Tanti, tantissimi i punti in comune. Come scrivevo qua il primo febbraio 2020 (sembra passata un’era da quel giorno), la PGL vorrebbe diventare il terzo circuito di golf a livello mondiale ma il più ricco e spettacolare di tutti.

 

Si scrive Superlega, si legge Premier Golf League

L’idea è quella di organizzare solo 18 gare in una stagione di otto mesi (10 negli Usa, il resto tra Oriente, Europa e Arabia). Come nelle teste di Florentino Perez e Andrea Agnelli per il calcio, nelle teste dei manager della World Golf Cup (società con sede a Londra ma con investimenti da più Paesi) ci sono eventi sportivi più corti (54 buche e non più 72) e formule di gioco accattivanti per la tv (vedi shotgun). Siamo davanti a una lega non aperta a tutti bensì ai primi 48 giocatori del ranking mondiale. E la ciliegina sulla torta ha la forma di dollari: ogni gara ne metterebbe in palio dieci milioni, ben due per il vincitore.

AUGUSTA Rory McIlroy nel giro di prova al Masters 2021 (Foto di Mike Ehrmann / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP)

La diversità tra le due iniziative sta nella natura dei due sport: il calcio è uno sport di squadra dove ogni giocatore è tesserato per una società che decide strategia, premi e (forse) a quale lega iscriversi. Il golf è uno degli sport più individualisti in assoluto: il pro decide per se stesso e gioca laddove le sue capacità glielo permettono (leggasi carta).

 

A mali estremi, identici rimedi 

Fiutando la possibilità di perdere in un colpo solo giocatori, visibilità e sponsor PGA Tour ed European Tour hanno siglato subito una santa alleanza. Quattordici mesi prima di Ceferin vs Superlega, i due board hanno ricordato il bivio davanti al quale si sarebbero trovati i golfisti. “Chi gioca sulla PGL verrà estromesso dai nostri circuiti”, era questo il succo di una email inviata a febbraio a tutti i giocatori più rappresentativi.

 

Molti dei diretti interessati. guidati da Rory McIlroy hanno preso le distanze dalla Premier Golf League, Molinari compreso. Altri invece hanno preso tempo.

Di fatto ad oggi della Premier Golf League esiste ufficialmente solo un account Twitter, aggiornato alla notte dei tempi. La pandemia è passata sopra a tutte le nostre vite e forse ha congelato anche gli assegni milionari della Premier Golf League (pare molti siano petroldollari).

 

Un indice segreto a base di social e Google

Il condizionale è d’obbligo perché la questione è tornata d’attualità dopo che il PGA Tour ha preparato il suo Player Impact Program, rivelato da Golfweek. Forse sotto sotto qualcosa si muove a Londra se la concorrenza negli Stati Uniti è arrivata a mettere sul piatto ben quaranta milioni di dollari (pecunia, non wild card) da dividere tra i dieci golfisti del tour che porteranno sponsor e visibilità al circuito. Volgarmente detto si tratta infatti di una specie di maxi-provvigione a chi diventerà uomo-immagine del golf targato PGA.

Ogni golfista avrà un suo indice (tenuto segreto) calcolato in base a una serie di parametri. Uno di questi sarà l’engagement sui canali social. Un altro sarà legato a Google: più volte il nome “Bryson DeChambeau” appare nelle ricerche, più l’indice di DeChambeau salirà. E ancora: verrà preso in considerazione il Nielsen Brand Exposure, ossia il numero di minuti in cui ogni professionista appare in televisione. All’immancabile algoritmo il compito di shakerare tutti questi numeri e distribuire quella quarantina di milioni di dollari. La domanda sorge spontanea: chi può competere con Tiger Woods, ossia il golf oggi?

Diversamente da quanto accade in campo, la meritocrazia pare non avere spazio in questo Player Impact Program. Quindi Dustin Johnson potrebbe avere un indice minore davanti a un collega con un bel volto spendibile in tv e un abile social media manager.

Morale della favola: il PGA Tour risponde con la stessa moneta (dollari, appunto) alla Premier Golf League. Quella moneta servirà per fare anche implodere la PGL?


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