Lo spirito olimpico non conosce frontiere sia durante i Giochi Olimpici che nella lunga marcia di avvicinamento. Lo spirito olimpico si concretizza anche nel dare la possibilità a un qualsiasi cittadino del mondo di portare la torcia olimpica per una manciata di metri. Anche per le Olimpiadi Invernali di Pyeongchang (Corea del Sud, dal 9 al 25 febbraio) ci sarà un manipolo di comuni mortali italiani nelle vesti di tedoforo. Uno di loro si chiama Gianpaolo Fattori, originario di Cremona, ha 59 anni e un passato da giocatore di baseball e di golf.
L’avventura di Gianpaolo Fattori scatterà il 3 gennaio con un volo da Malpensa.
Ho avuto la fortuna di vivere in prima persona il percorso dei tedofori a Londra 2012 lungo le strade di Leicester. Comprendo così la bellezza di questa esperienza fatta da un italiano con la torcia olimpica tra due ali di folla che lo applaudono. Battono le mani per uno perfetto sconosciuto. Uno proprio come loro che fino al giorno prima ha lavorato in ufficio e il giorno dopo incarna lo spirito olimpico. Il tutto tra telecamere, bus dell’organizzazione, moto della sicurezza e smartphone ovunque.
Tutto inizia con trecento parole
Gianpaolo, come è nata la sua avventura da tedoforo?
“Per uno sportivo come me indossare qualcosa che ha a che fare con i cerchi olimpici ha dell’incredibile. Figuriamoci poi portare la Torcia. La mia avventura nasce grazie alla Samsung, presenting partner dell’Olympic Torch Relay. Nei mesi scorsi Samsung ha lanciato la campagna internazionale Celebrate the Light per dare vita allo spirito olimpico di ognuno di noi e per offrire a tutti l’opportunità di scoprire il proprio potenziale.
Cercavano tedofori con storie importanti da raccontare. Cercavano i Dreamer ossia quanti stanno lottando per affermare il loro potenziale e gli Achiever, quelli che hanno già realizzato i loro sogni”.
Dalla teoria alla pratica…
“In Italia, questa iniziativa viene declinata nella campagna “Corri per il sogno, diventa tedoforo”. Per partecipare ho raccontato me stesso in trecento parole. Insieme al messaggio ho registrato un file video. L’ho fatto senza neanche pensarci due volte. Il video l’ho inviato senza nessun intervento o montaggio. Esattamente il 20 giugno mi arriva la mail che mi dice che sono stato selezionato. Non potevo crederci ed ovviamente ero strafelice. In pratica non mi sono ancora svegliato”.
Come è organizzato il viaggio?
“Partiamo il 3 gennaio da Malpensa e porteremo la fiaccola il 5 o il 6, dipende dall’organizzazione. Se fosse il 5 la porteremmo nella città di Suwon, mentre se sarà il 6 saremmo a Yongin. Il 7 torneremo in Italia. Pare che la fiaccola ci sarà omaggiata, in ogni caso possiamo eventualmente acquistarla, mentre con certezza ci possiamo tenere la divisa. Nella giornata libera, visiteremo l’Ho-am Art Museum e il pomeriggio andremo al circuito di F1 a guidare non so cosa”.
In principio fu il baseball
Prima del golf lei ha “scoperto” il baseball. Sul suo profilo Facebook si legge che lei ha portato il baseball nel suo paese…
“Era il 1973, quando da 15 enne con altri amici fondammo il Baseball Club Lou Gherig a Spino d’Adda (Cremona). I nostri genitori divennero i dirigenti e ci permisero d’iscrivere la squadra al campionato e da quei cinque amici si arrivò ad avere cinque squadre con quasi cento ragazzi e ragazze. Considerando che Spino d’Adda ai tempi non raggiungeva i 6000 abitanti e aveva due società di calcio, direi un grande successo”.
Sempre su Fb si legge di “sport come maestro di vita”. Mi fa un esempio?
“Una volta smesso di giocare allenai i ragazzi ed è lì la chiave del mio sogno, cioè realizzare attraverso loro, dei successi. Anzitutto come futuri uomini. Infatti insegnai loro che ci voleva sacrificio, dedizione e soprattutto essere un gruppo.
Durante gli allenamenti ero severissimo, al contrario di quando mi toglievo la divisa e diventato un vero amico e riferimento per loro. Era merito loro, dei ragazzi fantastici. Non a caso nel video menziono l’ingegnere famoso, un 40enne del paese, che ti ferma per strada e ti ringrazia ancora oggi per quello che gli avevo insegnato quando giocava a 14 anni. Sono reali soddisfazioni.
Poi feci l’arbitro con ottimi risultati ma mollai il tutto per andare a fare regate veliche. Purtroppo entrambe le attività si svolgevano in estate ed erano incompatibili. Da molti anni il BC Lou Gherig non esiste più e mi spiace davvero molto”.
Poi arrivò il golf (in fiera)
E il golf come si inserisce? Gioca da molto e dove?
“Nel 1996, oramai 40enne, in occasione di una fiera sugli sport a Milano, mi avvicinai timido ad un maestro e gli chiesi se potevo provare. Il tipo, abbastanza annoiato, mi mostrò il grip, quattro movimenti e mi disse ‘provi’. Con stupore la presi subito e bene, tant’è che il maestro era convinto che io sapessi già giocare. Probabilmente avendo giocato per anni a baseball, avevo una certa naturalezza nello swing e buone mani, di fatto mi piace e provo.
Proseguo poi con ottimi risultati sino ad arrivare a 10,5 di handicap. Nel forum di GolfAcademy ho inventato la gara di beneficenza che era il Vaccarana Trophy, una gara unica e goliardica che ha raccolto amicizia, simpatia e soldi. In un momento di crisi cerco di organizzare gare e un torneo con un discreto successo. Era il Campionato dei tifosi virtuale, ma è lunga da spiegare. Feci una sola edizione perché non fui più in grado di estrapolare i risultati dal sito della Federazione.
La mancanza di soldi e l’abitare lontano dai campi mi ha fatto smettere di giocare per tre anni. Solo lo scorso anno ho ripreso. Il giocare male, frutto della mancanza di un campo pratica vicino a casa, mi ha portato a perdere la carica agonistica. Ma il prossimo anno conto di ritrovarla visto che ho praticamente smesso di lavorare dopo 44 anni.
Sono stato socio a Crema, Arzaga e Castell’Arquato ed ora socio campo pratica a Crema, nel 2018 non lo so. Per me il Golf è Sport, non Circolo. Avevo sempre la sacca in macchina e ho giocato su più di 150 campi, persino in Patagonia a Ushuaia”.
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