
Quella dello US Open 1974 è una delle più belle storie del golf. E’ un evento epico, paragonabile all’impresa di Team Europe in Ryder Cup nel miracolo di Medinah del 2012. Di miracoloso nel giugno di cinquantun anni fa non ci fu nulla. Di impossibile invece ci fu il campo, studiato apposta per diventare una trappola. Fu un massacro sportivo, appunto: il massacro di Winged Foot.
di Sauro Legramandi
Oggi scatta l’edizione 2025 dello US Open e la memoria torna al 1974.
Winged Foot è un circolo di golf a Mamaroneck, una manciata di chilometri a nord di Manhattan. Un percorso bello e difficile, nato nel 1929 e da sempre inserito nella rotazione dei club degni di ospitare un Major. Nel 1974 la svolta, grazie all’idea della United States Golf Association, organizzatrice dello US Open.
Al vertice USGA ad inizio Anni Settanta c’era Sandy Tatum. Le cronache dell’epoca e la rete di oggi raccontano di un presidente impassibile che, davanti alle domande di giornalisti e giocatori stessi, non si scompose A chi gli domandava di un setup così aggressivo Tatum rispondeva candidamente. “Non stiamo cercando di umiliare i migliori giocatori del mondo. Stiamo solo cercando di identificarli.” In pratica il presidente si aspettava anche un ringraziamento da parte degli addetti ai lavori.
Il massacro di Winged Foot… iniziato nel 1973
Parole sibilline ma, secondo il parere di molti, ben motivate. Dodici mesi prima a vincere lo US Open (giocato ad Oakmont, stesso club dell’edizione 2025) fu Johnny Miller, capace di chiudere in soli 63 colpi il quarto giro. “Troppo facile vincere così” devono aver pensato all’USGA, Nel 1974 si presero la loro rivincita sportiva. E poi se la ripresero nel 1975, nel 1976 e via così, anno dopo dopo. Da allora infatti il terzo Major di ogni stagione è per definizione il più difficile di tutti. Lo è ancora oggi.
Basti pensare che nel 1974 nessun professionista a Winged Foot andò sotto il par il primo giorno di gara. Un giocatore confidò alla stampa la sua principale difficoltà. “Facevamo fatica a trovare le caviglie, figuriamoci la pallina”. Palline perse nel rough e putt finiti fuori dal green erano all’ordine del giorno. E non stiamo parlando di carneadi ma di Tom Watson, Arnold Palmer, Gary Player e altri fuoriclasse.
Il nome di una battaglia epica
Il percorso del circolo della Pennsylvania, disegnato da A.W. Tillinghast, ha resistito al passare del tempo. Nessun lago, nessun grande ostacolo d’acqua, solo un paio di ruscelli. Solo 18 buche maledettamente complicate. Viste le premesse chiaro perché si ricordino quei giorni come il Massacro di Winged Foot. Il nome, coniato dal giornalista Dick Schaap, rimanda a battaglie sanguinose tra reggimenti di cavalleria e nativi americani. Chi giocò 51 anni fa a Winged Foot non ha perso sangue ma di certo ha sofferto parecchio.
Hale Irwin e la vittoria più sofferta
Dal 13 al 16 giugno 1974, il 74esimo US Open mise a dura prova anche i professionisti più preparati. A spuntarla fu Hale Irwin, con uno score di 287 colpi (+7 sul par). Un punteggio ancora oggi fra i più alti mai registrati per un vincitore nel dopoguerra.

Irwin, agli inizi della sua carriera nel PGA Tour, costruì la vittoria colpo dopo colpo, giro dopo giro. Dopo un inizio in 73, un solido 70 nel secondo giro gli valse la vetta provvisoria. Un 71 nel sabato del moving day lo lasciò a un solo colpo dal leader, Tom Watson.
Watson, all’epoca giovanissimo, aveva chiuso il terzo giro con un eccellente 69 che lo proiettava in testa. Ma la domenica fu fatale: bogey dopo bogey nelle prime nove e un pesantissimo 79 finale lo fecero scivolare al quinto posto. L’equilibrio con lo sfidante saltò alla buca nove: un birdie lanciò Irwin verso il successo. L’americano arrivò alla 18 con due colpi di vantaggio su Forrest Fezler e Lou Graham (futuro vincitore nel 1975). La chiuse in par grazie a un ferro lungo in centro green e due putt senza sbavature.
Il massacro di Winged Foot, le altre “vittime”
I numeri parlano chiaro del Massacro di Winged Foot. Persino i più grandi campioni del passato faticarono. Arnold Palmer chiuse a +12, Gary Player a +13, Jack Nicklaus a +14 (iniziò con un triplo bogey), Johnny Miller a +22. Lee Trevino, due volte vincitore, non superò nemmeno il taglio con due 78 consecutivi.
Il massacro di Winged Foot ha fatto la storia del golf. Da quella settimana il messaggio della USGA fu chiaro: il golf è una prova di resistenza mentale e tecnica. “Quella settimana – scrisse Shane Ryan su Golf Digest – non c’era modo di vincere contro il campo. C’era solo la sopravvivenza”.