Golf, salute e Parkinson: l’intervento di Federgolf

Uno studio del Barrow Neurological Institute ha suscitato allarme nel mondo del golf, suggerendo un possibile legame tra la vicinanza ai campi e un maggiore rischio di sviluppare il morbo di Parkinson. La Federazione Italiana Golf ha risposto con fermezza, sottolineando le differenze tra il contesto statunitense e quello italiano.

Il presidente Cristiano Cerchiai evidenzia, in una lettera, l’uso controllato di fitofarmaci, il ruolo filtrante del tappeto erboso e i benefici del golf per la salute fisica e mentale.

Il problema del metodo

Cerchiai comincia mettendo in discussione il campione statistico su cui si basa lo studio dell’Arizona. Negli Stati Uniti, infatti, è frequente che a vivere all’interno o nei pressi di un circolo siano persone in pensione, “naturalmente più esposte a rischi sanitari – si legge nella nota – rispetto a soggetti più giovani. Non vengono inoltre considerate né le precedenti attività lavorative di questi individui né il loro stile di vita”. Vivere sessant’anni nella campagna statunitense o sotto una ciminiera Usa ha impatti ben diversi sulla salute di una persona over 60.

Campi che assorbono, non contaminano

Entrando nel merito, la Federazione contesta il principio secondo cui fairway e green consentirebbero alle sostanze chimiche utilizzate nella manutenzione di infiltrarsi facilmente nel sottosuolo. Secondo i ricercatori americani, infatti, tutti i prodotti impiegati dai greenkeeper finirebbero – prima o poi – nella falda acquifera sottostante.

La realtà italiana è diversa. Le graminacee utilizzate, grazie alla densità dei culmi, all’intensa attività radicale e alla presenza di una microfauna vivace, svolgono una funzione filtrante efficace. Il tappeto erboso agisce come un sistema di assorbimento e/o degradazione delle eventuali sostanze chimiche impiegate.

Nulla di più lontano dal vero che il golf faccia male a chi lo pratica, a chi vive vicino ai campi o a chi ci lavora. Anzi, Cerchiai sostiene l’esatto opposto. “Numerosi studi scientifici di autorevoli istituti medici internazionali evidenziano i significativi benefici sulla salute fisica e mentale, con effetti positivi anche sull’aspettativa di vita”.

Per approfondire, si possono consultare due studi recenti pubblicati su Golf & Health e sul BMJ Open Sport & Exercise Medicine.

Le sostanze vietate

Nella sua lettera, il presidente di Federgolf ricorda inoltre che nessuno dei prodotti citati nella ricerca sulle malattie neurodegenerative è autorizzato da oltre undici anni. Due dei composti menzionati (paraquat e rotenone) non sono mai stati approvati nel nostro Paese.

Il green con bandierina e buca in un campo da golf

Dal 2014 è inoltre in vigore una direttiva comunitaria (Piano di Azione Nazionale) che impone severe restrizioni all’uso di fitofarmaci nelle aree frequentate dalla popolazione. Si parla di parchi pubblici, impianti sportivi e campi da golf. Allo stesso tempo vengono promosse tecniche alternative, come l’uso di biostimolanti e bioprotettori. In Italia, da oltre dieci anni, non sono più in commercio erbicidi destinati ai tappeti erbosi.

Le conclusioni

Il rapporto tra golf e ambiente è da anni al centro dell’impegno di Federgolf. Già nel 1989, la FIG è stata la prima in Europa a istituire una propria Sezione Tappeti Erbosi, seguita poi da Francia, Svezia e Spagna. In assenza di scuole specializzate, sono stati formati oltre tremila tecnici qualificati per la costruzione e la manutenzione dei campi da golf. Tecnici non solo italiani.

Inoltre la sensibilizzazione ambientale viene messa in pratica con programmi di certificazione, come “Impegnati nel Verde”.