Calcetto, sci, morsi di serpente o di ragni, tuffi dove l’acqua arriva al ginocchio, bastoni che cadono sulla testa e persino pericolosi episodi di sonnambulismo. La storia degli incidenti di golf più incredibili è lunga e – temo vista la data di questo post – destinata ad allungarsi ancora.
di Sauro Legramandi
La macchina del tempo si mette in moto “per colpa di” Scottie Scheffler, numero uno al mondo, che il giorno di Natale si è tagliato un dito armeggiando con un coltello in cucina. Così ha dovuto saltare le prime gare del 2025 del PGA Tour. Il suo è forse il meno assurdo tra gli incidenti di golf venuti a galla.
Gli altri sport fanno male: calcetto, sci, tennis…
Che dire di Rory McIlroy? La sua passione per il calcio l’hanno scoperta tutti nel 2015. Prima del The Open da campione uscente all’Old Course, il nordirlandese si lasciò travolgere dalla voglia di tirar calci al pallone, accettando di giocare una partita di calcetto con gli amici. Qualcosa andò storto e il 6 luglio Rory McIlroy si ruppe i legamenti della caviglia sinistra e lesionò la capsula articolare.
Morale: quaranta giorni di stop con scontato addio alla gara più bella dell’anno. Il rammarico fu doppio: McIlroy veniva da un 2014 con due Major vinti e il 2015 avrebbe dovuto essere l’anno della riconferma. Invece da allora non ha mai più vinto un titolo dello Slam.
Non il calcio ma lo sci è costato caro a Miguel Angel Jimenez che in Andalusia si ruppe la tibia destra nel 2012. El Mechanico rimase ai box per quattro mesi. “Sapevo i rischi che stavo correndo con gli sci in Sierra Nevada – disse – ma piace troppo questo sport”. Parole perfette per il personaggio in questione.
Nel 2005 Ernie Els fu tradito dall’amore per lo sci nautico: in un’uscita nel Mediterraneo finì in una specie di gonfiabile trainato da un motoscafo. Per il sudafricano rottura del legamento crociato anteriore e addio golf quasi per un anno intero.
Il nordirlandese Darren Clarke, nel 2012, puntava al Masters ma una partita a tennis coi figli alle Bahamas gli costò una lesione al tendine del ginocchio.
Incidenti di golf… con serpenti e ragni
Incidenti di golf in campo ce ne sono eccome. Nel gennaio 2020, in Cina la proette Melissa Reid fu morsicata da un serpente velenoso al Sanya Ladies Open di Hainan. “Ho tirato il secondo colpo alla buca 16 – raccontò l’inglese all’epoca – e dopo ho sentito un taglio improvviso alla gamba mentre attraversavo un zona paludosa del campo. Ho cominciato a correre col mio caddie che mi diceva ‘corri, ti sta inseguendo’. Ho preso venti pastiglie tutte insieme: un medico del posto ha detto che quel serpente era velenoso ma non mortale”.
Coraggiosa e forse incosciente la svedese Daniela Holmqvist che, a 24 anni, fu morsa da un ragno velenoso (la vedova nera australiana) nel febbraio 2013, durante un match di qualificazione agli Australian Open a Canberra. Come se nulla fosse la svedese usò un tee per drenare il veleno dal polpaccio. Poi proseguì il giro senza però qualificarsi all’Open.
Un rimbalzo dolorosissimo
Indietro ancora negli anni si arriva all’Australian Open 1990 con Brett Ogle in lizza per il titolo. Alla penultima buca del quarto giorno la pallina del padrone di casa finì contro un albero e tornò pericolosamente indietro, distruggendo la rotula sinistra del professionista.
Inimmaginabile il dolore: Ogle portò a termine l’Open (chiuse in nove colpi quella buca) ma non giocò per parecchi mesi.
Sonnambulismo: dai pugni a una pianta…
Sam Torrance inorridisce ancora oggi a sentire la parola “yucca”. Trattasi di pianta originaria di Messico, California e Caraibi che il campione scozzese decise di “sfidare a pugni” nel sonno alla vigilia della domenica di Ryder Cup 1993. Torrance era sonnambulo, scambiò la pianta per un malvivente penetrato nella sua stanza e la prese a calci e pugni. Diagnosi: un dito del piede rotto e addio singolo nel terzo e decisivo giorno a The Belfry. Gli Usa vinsero quella Ryder Cup, ultima affermazione americana sul suolo europeo.
“I miei colleghi mi hanno preso in giro per mesi ogni volta che la mia pallina finiva vicino a un albero” ha spiegato Sam negli anni seguenti.
…alla mano schiacciata nella porta
Stessa origine ma finale diverso nel 2012 per Graeme McDowell che, in pieno sonno, infilò la mano nella porta della sua stanza. Il risveglio dal sonnambulismo fu drammatico, il dolore fu lancinante ma nessun osso si ruppe. Il giorno dopo giocò regolarmente la tappa cinese delWGC-HSBC Champions sfoggiando un baseball grip. A Mission Hills chiuse in 42esima posizione. Non disputò gare per le dieci settimane seguenti.
Il fulmine che ti segna la carriera
In campo a vedersela più brutta di tutti fu probabilmente l’americano Lee Trevino. Correva l’anno 1975 e l’americano (sei Major in bacheca) era a metà giro al Western Open quando cercò riparo dalla pioggia vicino a un albero e con l’ombrello in mano. Scelta non proprio illuminata: un fulmine colpì l’acqua di un laghetto e la corrente si propagò sul terreno, raggiunse le sacche e i ferri dei giocatori per poi scaricarsi addosso a Trevino e ai compagni di team Bobby Nichols e Jerry Heard.
Il campione uscì con una schiena a pezzi, un dolore che segnò in modo indelebile la sua carriera. Dei 29 titoli sul PGA Tour, Lee ne vinse solo nove dopo quel giorno. “Non sono più stato lo stesso: mi sono operato nel 1976 e quando ti tagliano non sei più quello di prima. Perdi forza, velocità, perdi tutto”.
Incidenti di golf: capitolo giardinaggio
Greg Norman e Jamie Donaldson hanno pessimi ricordi del giardinaggio, nella fattispecie con la motosega. Quell’aggeggio da pollice verde è costato quasi il mignolo sinistro a Jamie Donaldson: il tempestivo intervento chirurgico gli permise di tornare in campo dopo solo un mese.
Nel 2014 il grande vecchio del LIV Golf Tour stava rifacendo il look alla sua tenuta in Florida e tentà di tenere nella mano sinistra un ramo appena tagliato mentre la destra reggeva la motosega. Quel ramo pesava però troppo e l’arto sinistro di Norman cedette, finendo sulla motosega. Una questione di millimetri e l’australiano avrebbe chiuso per sempre col golf. Invece un intervento chirurgico lo rimise sul green in poche settimane.
I due incidenti di golf più assurdi
Quasi fantozziana la scena tramandata dagli almanacchi dell’epoca con protagonista Bobby Cruickshank. Lo scozzese era testa allo US Open 1934 a otto buche dalla fine. All’undicesima la sua pallina finì in ostacolo d’acqua ma miracolosamente il rimbalzo la rimise in gioco, addirittura sul green.
Per la gioia Cruickshank lanciò il bastone in aria. Il legno gli cadde in testa, ferendolo e facendogli perdere i sensi. Chiuse quella giornata con molti doppi bogey e finì al terzo posto.
Anche la troppa gioia può essere dolorosa. Chiedetelo a Thomas Levet, nel 2011 fresco vincitore dell’Open de France. A fine gara convocò giornalisti e fotografi per scatti di rito e tuffo liberatore nel laghetto della buca 18 a Le Golf National.
Il francese non aveva però calcolato bene la profondità del laghetto o comunque quello che c’era sotto il livello dell’acqua.
Finì contro alcuni sassi, spezzandosi la tibia. Gli furono inserite viti e placca. Levet disse addio al The Open di quell’anno (e non solo a quello). In Rete esiste ancora il video.