Ryder Cup, cambiano i team: Una famiglia vs The Holding

Se ci fosse un secondo nome da accostare a Team Europe e Team Usa in Ryder Cup  la scelta sarebbe troppo facile. A settembre dell’anno prossimo a Bethpage Black i detentori del trofeo di golf più speciale al mondo potrebbero chiamarsi “Una famiglia” e gli sfidanti “The holding”. I primi giocano per passare alla storia, i secondi per passare all’incasso.

di Sauro Legramandi

Me ne sono reso conto dopo aver visto il 3 dicembre il film dedicato alla Ryder Cup 2023 a Roma intitolato – appunto – “Una famiglia”. Novanta minuti di emozioni che hanno ricordato quei giorni caldissimi e vissuti intensamente. Poi sono tornato coi piedi per terra. Ho aperto Chrome e mi sono imbattuto in Tiger Woods che chiedeva un ingaggio da cinque milioni di dollari a testa da girare poi in beneficienza.

La domanda è scontata: stiamo parlando della stessa competizione?

Una famiglia, ossia “the best week ever”

“Una famiglia” racconta da dentro il viaggio di Luke Donald, da quando accetta di subentrare a destituito Henrik Stenson al year to go dello scorso ottobre. Parlano lui, la moglie, i vertici del tour europeo e poi pian pian parlano i giocatori selezionati. Il docufilm è davvero un crescendo di emozioni, è la conferma che quei tre giorni sono qualcosa di speciale per tutti. E quando dico per tutti è davvero per tutti: i giocatori sono solo la punta di un iceberg. La Ryder Cup è speciale per le famiglie dei professionisti, per i caddies, per gli allenatori e per chiunque abbia a che fare con quel team. Luke Donald, in particolare, sembra avere dentro il sacro fuoco della Ryder Cup. In particolare mi ha colpito una frase che Donald usa spesso e mai a sproposito. La dice in conferenza stampa, ai giocatori ma soprattutto al meeting con i caddies negli spogliatoi del Marco Simone. “The best week ever”. La miglior settimana di sempre.

Dall’alto delle sue quattro Ryder giocate (e tutte vinte), l’inglese sa benissimo cosa è lo spirit of the game in questa settimana. Da capitano, in casa e con una pesantissima sconfitta da cancellare Donald avverte ancora di più quello spirit e lo condivide con il suo gruppo. The best week ever: lo dice a professionisti con milioni di dollari in banca, a rookies come Aberg e Hojgaard e ai loro caddies atterrati a Roma sapendo di tornare a casa senza un euro in più. Tanta roba.

The Holding, ossia prendi i soldi e regalali

Tiger Woods a Le Golf National nel fourball d’esordio della Ryder Cup 2018 (Afp / Eric Feferberg)

Come detto, appena uscito da questo mondo perfetto sono stato attirato da una valanga di titoli su Tiger Woods. Non gioca ma organizza l’Hero World Challenge e quindi compare in conferenza stampa all’Albany Golf Course. Il golfista più forte dei nostri tempi conferma di essere tra chi vorrebbe un ingaggio per giocare la Ryder Cup. Non è una novità visto che Tiger batte cassa da almeno vent’anni per Team Usa. Però  sentirlo parlare di “cinque milioni di dollari a giocatore Usa per aiutare il prossimo” fa un po’ effetto. Secondo Woods i professionisti hanno il “diritto di chiedere qualcosa. La Ryder è così grande che a beneficiarne potrebbero essere molte organizzazioni benefiche. Già nel 1999 lo proposi ma i media girarono la frittata contro noi giocatori dicendo che avremmo voluto essere pagati”.

Oggi ogni giocatore americano percepisce un gettone di presenza da duecentomila dollari che poi devolve interamente a fondazioni, enti o iniziative di beneficenza. Tiger chiede di passare da un budget di 2,4 milioni di dollari a sessanta… E’ vero che far del bene non è mai abbastanza ma lascia un po’ basiti quell’improvvisa e diffusa voglia di beneficenza che sembra aver messo radici nello spogliatoio americano. Inoltre, il saggio Gino Bartali una volta ha detto “che il bene si fa e non si dice”…

Premesso che nessun professionista viene obbligato a giocare per Team Usa o Team Europe, per me la Ryder Cup è “best week ever”.