A nove mesi dall’incidente che poteva costargli una gamba Tiger Woods torna a parlare. Il campione ha scelto la rivista Golf Digest per una delle interviste più attese degli ultimi anni.
Tiger, versione professionista di golf, ha le idee chiare su cosa ne sarà di lui d’ora in poi. “Non giocherò più a tempo pieno. Penso che tornerò nel circuito ma che sia realistico scegliere i tornei da disputare” ha detto. Il suo è un riferimento nemmeno troppo velato a un altro fenomeno del golf del passato alle prese anche lui con un bruttissimo incidente. “Selezionerò i tornei uno ad uno, proprio come ha fatto Ben Hogan. Scelgo alcuni eventi all’anno e mi preparo per quelli”, ha detto Woods via Zoom con Henni Koyack dalla sua casa nel sud della Florida.
“Non devo giocare contro i migliori giocatori del mondo per vivere bene. Dopo gli interventi alla schiena (tra il 2014 e il 2017), ho dovuto scalare di nuovo l’Everest. Ma questa volta – sottolinea il vincitore di 15 major – non credo che il mio corpo sia in grado di farlo di nuovo”.
“Mi allenerò per un singolo torneo. Penso che è così che dovrò giocare a golf d’ora in poi. È una sfortunata realtà ma è la mia realtà. Lo capisco e lo accetto” ha concluso Woods che nell’incidente di nove mesi fa ha subito molteplici fratture alle gambe.
Tiger Woods e il rischio amputazione
L’intervista integrale è disponibile cliccando qua. All’inizio lo si vede camminare senza ausili. “Ho ancora dolore alla gamba e alla schiena – ha sottolineato – questa riabilitazione alla gamba destra è stata certamente tra le più complicate che ho affrontato. Talmente dura anche solo da spiegare e la strada da percorrere è ancora lunga”.
Oltre alle splendide parole sul figlio Charlie, umanamente colpisce il passaggio in cui Tiger Woods ricorda i giorni trascorsi prima all’Harbour-UCLA Medical Center e poi al Cedars-Sinai Medical Center.
In questo secondo centro ha passato tre settimane con il rischio di dover perdere una gamba. “C’è stato un momento in cui quell’eventualità era quasi al 50%. Ho rischiato davvero di uscire da quell’ospedale con una gamba sola. Mi ricordo anche che ho voluto provare se avevo ancora l’uso della mano. Ho chiesto alla mia fidanzata Erika e al mio amico Rob di lanciarmi qualcosa per poterla prendere al volo. ‘Lanciatemi qualcosa, qualsiasi cosa ma fatelo’ chiedevo loro”.
La riabilitazione è stata lunga. “Ho avuto subito un bastone da golf vicino a me in camera, all’ospedale. A casa sono rimasto in un letto d’ospedale per tre mesi. Poi ho usato la sedia a rotelle. Poi le stampelle che mi hanno ridato indipendenza e libertà”.
E poi c’è ancora spazio per il golf.
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