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Luca Limonta: un defibrillatore non frena la mia vita e il mio golf

Questa è la storia di una persona straordinaria e di come l’amore per questo sport abbia contribuito a tenerlo in vita. Lui si chiama Luca Limonta. Si autodefinisce un uomo normale e una persona fortunata.

Per lui il bicchiere è sempre mezzo pieno. Gioca a golf da 40 anni ma gli tremano ancora le mani quando mette la palla sul tee della buca 1. Ha applicato alla sua vita quello che è per lui l’insegnamento più importante di questo sport: non mollare mai. 
Questa è la storia di Luca Limonta. Lo ringrazio di cuore per avermi permesso di raccontarla condividendola con tutti voi.  


di Francesca Galeano

Luca, classe 1972, ha iniziato a giocare a golf all’età di 8 anni. Il padre, socio storico di Villa d’Este, gli ha trasmesso l’amore per questo sport e per uno dei circoli più belli d’Italia che trasuda storia da ogni angolo. Nella clubhouse mi racconta di come si senta a casa e di come tutti gli vogliano bene. Esiste però un altro posto in cui Luca si sente a casa e si sente amato. Un luogo che ha poco a che fare con il golf: il reparto di cardiologia dell’ospedale auxologico San Luca di Milano. Ma andiamo per gradi.

 

Due di handicap, immersioni e pilota

Fino ai 41 anni Luca neppure lo sa cos’è un ospedale, trascorre la sua vita in modo spensierato. Appassionato di immersioni, 2 di handicap (i professionisti giocano zero di handicap, ndr) e padre di due bimbe, Luca, a quei tempi, è anche pilota di idrovolanti. Proprio durante la visita medica all’istituto di medicina legale dell’aeronautica per rinnovare il brevetto gli viene diagnosticato il prolasso della valvola mitrale. Una patologia molto diffusa e generalmente poco pericolosa ma che nel caso di Luca è solo l’inizio di un’escalation di diagnosi sempre più complicate e gravi.

In un attimo il mondo che conosceva non esiste più. Il primo pensiero va alla famiglia e il secondo a come questa patologia cambierà la sua vita.

 

“Sono un soggetto a rischio di morte improvvisa”

Passa meno di un anno e Luca si ritrova in sala operatoria per una lunga operazione durante la quale il suo cuore viene fermato per 63 minuti. L’intervento riesce ma Luca non potrà più pilotare aerei né fare immersioni. Fortunatamente potrà continuare a giocare a golf ma non basta.

Luca Limonta

Il cuore di Luca ha bisogno di attività aerobica e da qui nasce la sua passione per la camminata che più di un esercizio viene da lui definito un complesso viaggio introspettivo. Da quel momento in poi percorrerà negli anni le diverse tappe del cammino di Santiago fino a coprire oltre 1.350 km.

 

 

Per allenarsi, tutti i lunedì e indipendentemente dal clima, insieme ad un amico cammina fino alla cima del Monte Bolettone, una salita sulle Prealpi Comasche di 2,5 km con 500 metri di dislivello.

Nonostante i problemi di salute e sempre sotto stretta osservazione Luca riesce a adattarsi ad una nuova normalità di paziente cardiopatico ma purtroppo non è finita.
Nel 2016 le sue condizioni peggiorano, i controlli diventano più assidui, le cure più pesanti. Nel 2019 sente che qualcosa nel suo cuore non va. Troppa la fatica anche a giocare a golf. I medici a quel punto approfondiscono le indagini per capire da cosa dipenda quel peggioramento. Il risultato è difficile da accettare. Nei due anni successivi la situazione precipita. Luca scopre di essere “soggetto a rischio di morte improvvisa”. Il suo cuore, da un momento all’altro, potrebbe smettere di battere e l’unica soluzione è quella di inserire un defibrillatore.

 

 

“Vuole vedere il defibrillatore?

Avete presente quelle scene nei film quando i medici gridano “Libera!” prima di dare la scossa per riattivare un cuore in arresto cardiaco con il defibrillatore? Ecco, Luca dal 2019 ne ha una versione più piccola impiantata all’interno della cassa toracica pronta, in caso di evenienza, ad entrare in azione.

Lo guardo incredula e lui mi chiede se voglio “vederlo”. Mi trovo in difficoltà perché ho il massimo rispetto per quello che sto ascoltando ma gli faccio un cenno con la testa. Lui si sbottona la camicia, sotto la sua pelle si intravede una scatola un po’ più piccola di uno smartphone ma molto più spessa. Mi passano tante cose per la testa ma non dico nulla. Lo guardo e capisco in quel momento l’importanza di quel gesto. Spero che la mia descrizione possa trasmettervene, almeno in parte, il senso e che sia da esempio per capire quanto il bicchiere, per noi che abbiamo la fortuna di essere in salute, sia sempre non mezzo pieno ma pieno.

Torniamo a fine 2019. Luca Limonta esce dall’ospedale e si rimette in piedi. Non sa se riuscirà ancora a eseguire lo swing e pensa, per la prima volta dopo 39 anni, di smettere di giocare a golf. Non sa neanche se gli sarà ancora possibile proseguire il cammino perché lo spallaccio dello zaino che preme contro il dispositivo potrebbe creare problemi.

Arriva la pandemia e Luca è psicologicamente provato. Fatica a trovare un senso per andare avanti ma grazie all’amore per le figlie, all’obiettivo di finire il cammino e alla voglia di tornare in campo con gli amici ritrova la voglia di ricominciare.

 

Luca Limonta: “Voglio tornare sul tee della 1…”

La vita di Luca oggi è appesa ad un dispositivo elettronico comandato da una batteria, la sua funzionalità cardiaca al momento è pari al 38%. Quando le sue funzioni cardiache arriveranno al 10% l’unica soluzione sarà il trapianto. Luca non vuole pensare che la sua sopravvivenza debba dipendere dalla morte di qualcun altro. Preferisce invece svegliarsi tutti i giorni e fare tutto quello che è in suo potere affinché questa funzionalità non diminuirò per dare tempo alla scienza e alla tecnologia di trovare una soluzione.

Luca Limonta e Andrea Contigiani

“Affronto questa malattia come in un giro di golf in una continua sfida con me stesso un colpo per volta senza mollare mai. Voglio ancora tornare in campo per sentire le gambe tremare dall’emozione sul tee della 1. Voglio ancora tornare in campo per vedere la magia di una palla perfetta che vola in alto. Nel frattempo lotto e lotterò colpo dopo colpo e crederò di poter vincere fino a quando alla 18 l’ultimo putt non farà entrare la palla in buca”.

 

Ho promesso a Luca che conosce ogni filo d’erba di questo magico campo di tornare per giocare insieme e per scrivere dei segreti e delle meraviglie di questo posto unico.

PS – Un sentito grazie a Andrea Contigiani, direttore del circolo golf Villa d’Este, per avermi ospitato durante questa intervista.

 


Francesca Galeano

Francesca Galeano unisce la passione per il golf a quella dei viaggi. Organizza viaggi di golf in giro per il mondo: Per saperne di più visita il suo sito GolfTourExperience o contattatala scrivendo qua oppure al numero 393.9591606.

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