“A walking miracle”. Un miracolo vivente. I media Usa rilanciano così in prima pagina la storia di Erik Compton. L’uomo due volte trapiantato di cuore è arrivato secondo agli Us Open 2014 dietro a Kaymer. Compton, 34 anni e cento tornei da pro, a Pinehurst ha girato in 72 68 67 72 (il trionfatore ha chiuso in 65 65 72 69). Si tratta del miglior piazzamento nella sua carriera. Una specie di american dream riadattato tra fairway e corsie di ospedale ma che ha fatto impazzire gli States.
La storia di Erik inizia a nove anni quando gli viene diagnosticata una cardiomiopatia virale, una infiammazione del muscolo cardiaco che gli impedisce di pompare sangue come dovrebbe. Unica via d’uscita: il trapianto, avvenuto tre anni dopo. Il secondo cuore arriva da Janine, una 14enne deceduta in un incidente. Un medico gli consiglia di accantonare il sogno di giocare nella Major League e di provare il golf come riabilitazione. Erik gli dà retta.
Come se non fosse a credito con la sfortuna, nell’ottobre 2007, a 28 anni, Compton accusa un attacco di cuore e finisce in ospedale a Miami. Sette mesi dopo è ancora a torace aperto per la seconda donazione della sua vita. Stavolta il cuore arriva dall’Ohio, è quello di un 26enne, Isaac Klosterman.
Erik Compton e quel playoff a cinque
Il ;cuore (che sia quello di Erik, di Janine o di Isaac) non ha mai smesso di battere dentro quest’uomo, cosi come la sua passione per il golf. Praticare, viaggiare e giocare in giro per gli Usa mette a repentaglio il fisico di un atleta “perfetto”. Figuriamoci quello di chi vive con un cuore altrui.
Compton domenica si è portato a casa 789.300 dollari. Il premio più grande mai vinto. Per giocare il secondo Us Open della sua vita (il primo fu quattro anni, non superò il taglio) lui ha dovuto passare dalle qualificazioni. Numero 187 del ranking, lo statunitense è arrivato a Pinehurst vincendo un playoff tra cinque golfisti a Columbus. Agli Us Open ha superato il taglio in par. Sabato ha dato il meglio di sé: quattro birdies in cinque buche.