Pier Paolo Vallegra non si ferma più: a inizio 2023 ha ricominciato a girare il mondo per giocare a golf almeno una volta in tutte le Nazioni. Il viaggio in Sudamerica comprende tre Stati. Questa è la prima puntata del suo diario: è il resoconto dal suo quartier generale, a Panama.
“Sulle 183 nazioni che hanno almeno un campo di golf me ne mancano “da giocare” solo 22. Quindi i prossimi viaggi si fanno per continente, in modo di toccare più Paesi con una trasferta sola. Terminata l’Europa, l’elenco dei mi manca conta undici Paesi in Oceania, quattro in Africa, tre in Asia e quattro in America. E proprio dall’America inizia la lunga rincorsa…
di Pier Paolo Vallegra
Purtroppo, dei quattro Paesi mancanti uno è del tutto impraticabile anche per chi, come me, ha giocato in Pakistan, Bangladesh, Burkina Faso, Colombia, Chad, Malawi, Paraguay, Zambia, Gibuti, Guatemala… Parlo di Haiti, dove una sorta di guerra per bande rende del tutto insicura la capitale Port au Prince.
Non è che le altre tre destinazioni siano tutte luoghi ameni e sicuri in quanto, a parte le Isole Vergini Americane, si tratta di Venezuela e Guyana, quella english (la Guayana francese non è una nazione, ma un dipartimento d’oltremare francese, come Reunion o Martinica).
La costruzione del viaggio non può prescindere dall’avere un punto base (che ho individuato in Miami) da cui partire e tornare per le varie destinazioni.
Quindi, partenza per Miami via Madrid e quindi per Panama, porto intermedio verso il Venezuela.
Dopo tre giorni di viaggio era però necessario prendersi una pausa golfistica. L’ho individuata nel Tucan Golf Club, un par 71 (cinque par 5, sei par 3 e sette par 4), con quattro tee di partenza (per me il giallo).
A Panama un campo alla mia portata
Partendo dal Crowne Plaza Airport che, come dice il nome, è a due passi dall’aeroporto Tocumen, occorre fare un viaggetto di 30-60 minuti (dipende dal traffico sul Puente de las Americas, che attraversa il canale).
Pagati 110 dollari al pro shop (green fee, ferri e cart) partiamo per quello che gli americani amano chiamare a typical resort course. Ossia non troppo difficile, abbastanza corto per far divertire gli ospiti e i residenti del progetto immobiliare annesso, su un terreno piatto, e con alcuni ostacoli d’acqua abbastanza scenografici. Carino, ma niente di indimenticabile.
Temperatura sui 32 gradi, leggera brezza, sole con qualche nuvoletta; non male per il 30 gennaio…
Questo campo l’ho amato per i par 3 comodi, alla mia portata (134-117-159-119-121-119 yards) da cui ho ricavato tre dei miei sei par. I tre doppi bogey nascono dal par 4 hcp 1 (cortoma con ostacolo d’acqua davanti al green: centrato!). Altri doppi bogey dai due par 5 della 15 e della 16 (giocati male). Parziale riscatto al par 5 della 18, per un onorevole 86.
Ma il meglio è l’Horoko, il ristorante, che serve soprattutto carne alla griglia, ma che si difende benissimo anche nei piatti di pesce. Parlo di un’ottima zuppa e un polpo mai visto in vita mia come presentazione e bontà. Il tutto accompagnato da un succo di maracuya (frutto della passione) e limonata con hierbabuena, per un onestissimo conto di 65 dollari (in due!).
Adesso si può partire quindi per il Venezuela, destinazione piuttosto critica, preceduta da una cattiva fama soprattutto in tema di sicurezza…”
(…continua)