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Zac Johnson il non favorito in Ryder Cup e Luke Donald il non tatuato

Zac Johnson e Luke Donald (Foto Ansa)

Prende vita il Marco Simone a poche ore dalla cerimonia di inaugurazione della prima Ryder Cup in Italia. I giocatori provano e riprovano il campo, il percorso vive di vita propria tra fans e addetti ai lavori e i due capitani parlano. Johnson vuole mettere a tacere (sicuramente anche per scaramanzia) tutte le voci che vedono la sua squadra superfavorita. “Lo scrivono i media? Avranno le loro ragioni ma io dico che noi non siamo i favoriti”. Il collega europeo Donald annuncia l’intenzione di continuare ad essere un golfista tatoo free.

Zach Johnson sposa anche la filosofia less is more. “Se prendo ispirazione da qualcuno per il mio ruolo? Penso che si possa imparare molto da altri coach o leader, che sia nello sport o nel business. Tuttavia credo che less is more, aggiungere altre competenze risulterebbe nebuloso. I miei ragazzi sanno quello che stanno facendo e arriveranno pronti a venerdì”. E poi sul campo di Guidonia Montecelio: “Per conquistare la Ryder Cup ci sono tanti fattori. Uno è il campo. Il Marco Simone è una cosa completamente diversa da Whistling Straits” (nel Wisconsin, dove si gioco la Ryder 2021 e gli europei uscirono con le ossa rotte).

Luke Donald inizia il suo incontro con la stampa con un salto nel passato. “Se mi tatuerò in caso di vittoria come fece Thomas Bjorn nel 2018? Non lo garantisco e la squadra non me l’ha nemmeno chiesto. Non ho nessun tatuaggio sul mio corpo, ma vi assicuro che se vincessimo il torneo troveremmo un modo appropriato per celebrare il successo”. A Parigi, cinque anni fa, l’allora capitano (oggi vicecapitano) mantenne fede alla promessa fatta ai suoi giocatori. Dopo aver conquistato il trofeo se lo fece tatuare sul fondoschiena in mezzo al punteggio finale (17,5/10,5).

Tornando professionale Donald parla dei suoi giocatori: “Ai miei ragazzi che debuttano qui ho detto di godersi il momento. C’è tanta pressione, ma ne abbiamo parlato molto – continua Donald – Nel 2004 feci il mio primo tee shot da giocatore nella Ryder, sapevo che era più importante di un Major ma bisogna essere professionali”. Luke garantisce tra i suoi 12 professionisti c’è già “un legame indistruttibile”.

Hanno parlato anche i giocatori.

Patrick Cantlay (Team Usa): io gioco piano?

Patrick Cantlay (foto Ansa)

“Il capitano ha fatto di tutto per farci stare a nostro agio, affinché tutti siano flessibili con le esigenze del team. Qualunque cosa decida il capitano, io la farò. Se mi piace la formula della Ryder Cup? Ne ho giocata una sola, ma sì mi piace il ritmo di gioco. E’ molto eccitante. Tutti i giocatori sanno di poter dare il loro contributo”. Riguardo alle critiche di gioco lento ricevute in passato, Cantlay assicura “di non pensarci”.

Xander Schauffele (Team Usa): mi diverto e gioco

“Sono super eccitato di essere qui per la Ryder Cup, è la mia prima volta in Italia. Non ho mai giocato oltreoceano: i tifosi sono fantastici, il primo tee shot è stato bellissimo. Il Marco Simone è diverso da qualunque campo in cui abbia mai giocato. Patrick Cantlay ha detto che io gli trasmetto positività? Posso dire lo stesso di lui. E’ bello giocare insieme. La sua abilità  di concentrarsi è incredibile. Gioco il mio golf migliore non quando mi arrabbio, ma quando mi diverto”.

Ludvig Aberg (Team Europe) tra Borg e Ibra

“E’ da quando sono piccolo che sognavo di far parte del Team Europe ma ne ho avuto la certezza soltanto a fine estate. E’ un sogno diventato realtà. Io in mezzo a tanti sportivi svedesi famosi come Borg e Ibrahimovic? Tutto quello che faccio è giocare a golf, non ci penso. La mia pazienza? Una delle grandi doti che ho è l’accettazione: lascio che le cose vadano come devono andare è questo il mio modo di essere. Non mi arrabbio facilmente”.

Jon Rahm (Team Europe) prende tutto

“La mia intenzione è vincere tutti i match. La cosa più bella della competizione, tolto vincerla, è entrare nello spogliatoio con i compagni di squadra e stringere legami e amicizie che dureranno per tutta la vita. Il senso di attesa della Ryder Cup è semplicemente speciale”.

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