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“Il movimento del golf non cresce ma siamo ancora in tempo”

Andrea Vaccaro*, innamorato del golf e addetto ai lavori, prende spunto da un articolo di Francesca Galeano per dire la sua su come uscire dall’empasse attuale. “Non parlo di tessere ma di di movimento composto da appassionati, spettatori, lettori…. Stiamo perdendo, è vero: il movimento non cresce. Non facciamo come la politica, non autoconvinciamoci che vada tutto bene. Possiamo ancora farcela”.

di Andrea Vittorio Vaccaro

Caro Sauro,

inizio con due colpi di penalità perché sono in ritardo alla partenza di queste righe che avrei voluto scriverti già nei giorni scorsi. Potrei giustificarmi ma – citando una canzone – “di scuse anche se buone non c’è nessuno che le ascolterà” e questo è vero soprattutto nello sport, dove i primi a non ascoltarle dobbiamo essere noi stessi.

Ho recentemente letto un articolo bellissimo scritto da Francesca Galeano che parla della sua esperienza all’Open d’Italia, vista dall’ottica di volontario da un lato e di tour operator dall’altro.

Innanzitutto, da dirigente sportivo, mi sento di dire un sincero grazie a Francesca. Lo dico a lei e alle centinaia – anzi migliaia – di persone che sottraggono tempo a lavoro ed affetti per consentirci di realizzare eventi di primissimo livello. Per questo l’Italia, nello mondo dello sport, è seconda a pochi.

Poi non posso che condividere la soddisfazione del responsabile dello sviluppo commerciale del Marco Simone: il campo forse non ricorda la storia di Roma ma è un percorso di ottimo livello, nato e studiato per la Ryder Cup. Si presenta in condizioni praticamente perfette. In più la possibilità di vedere contestualmente le buche finali è un plus che difficilmente non sarà apprezzato dai presenti nel 2023.

Vorrei ora soffermarmi sul passaggio dove Francesca, con un occhio più professionale, evidenzia la scarsa presenza di pubblico. Credo che questo si possa analizzare in tre punti.

 

1. “Non va tutto bene”

Il primo: “allora va tutto bene? No”. Non vorrei mutuare una brutta abitudine della politica vista proprio nei giorni successivi all’uscita dell’articolo quando ci sono state le elezioni amministrative. A sentire vincitori e vinti va sempre tutto bene ed è quindi impossibile farsi un’idea chiara su cosa pensi l’elettorato (la situazione del golf, in questo caso). Questo metodo lo lascio volentieri alla politica, quella con la p minuscola.

 

2. Basta con le scuse

Il secondo punto: incolpare sempre gli altri non è bellissimo. Ti ripropongo qualche scusa buona per ogni occasione: “il golf è sempre uno sport d’elite”, “non siamo lo sport nazionale” “le infrastrutture per i collegamenti con il club non sono ancora ottimali”, “c’è il problema del parcheggio”, “l’evento non è stato pubblicizzato”, “c’erano le limitazioni da covid”. Chi si lamenta di tutto questo, dal mio punto di vista, accampa solo scuse per non affrontare il problema vero, ossia la mancata crescita non dei tesserati ma del movimento.

Foto di 6847478 da Pixabay

Per assurdo posso fare un esempio concreto: la settimana successiva all’Open d’Italia c’è stata a San Nazzaro d’Ongina (Piacenza) una tappa del campionato del mondo di motonautica che ha visto più del doppio degli spettatori dell’Open… Così le scuse, anche se buone, diventano meno credibili in un secondo.

 

3. Il movimento (non i tesserati) non cresce

Il terzo: prendiamo coscienza con serietà che stiamo (non “stanno” perché la responsabilità è di tutti noi che amiamo il golf) perdendo la grande sfida che ci siamo trovati davanti. Quale? Quella di far crescere il nostro movimento.

Andrea Vittorio Vaccaro è vice presidente vicario del CONI Emilia Romagna, è consigliere regionale di Federgolf e nazionale di PGA of Italy.

Qualche anno fa, grazie alla sua lungimirante follia, il presidente Franco Chimenti ci ha fatto un regalo enorme: ha portato in Italia la Ryder Cup (il principale evento golfistico al mondo) dandoci la possibilità concreta di crescere.

Ho usato volutamente le parole far crescere il movimento e non il numero di tesserati: erroneamente, spesso si confondono le cose ma il secondo è una conseguenza del primo. Pensate al calcio o, ancora meglio al rugby: in entrambi i casi il movimento è molto più grande del numero dei praticanti ed ancora di più di quello dei tesserati. Lo stesso vale per tennis, equitazione, ginnastica, nuoto…: in tanti fanno parte del movimento come semplici appassionati (spettatori, lettori, tifosi…) mentre altri praticano senza essere tesserati. Questi due gruppi sono il principale carburante del tesseramento stesso.

L’atletica ha provato anche ad intercettare un buon numero dei praticanti non tesserati con la RunCard, altre federazioni ci hanno provato in altri modi.

 

“Creare appassionati prima che praticanti”

Il golf non potrebbe seguire questo esempio completamente perché ha alcune caratteristiche che impongono il tesseramento per motivi assicurativi e di sicurezza. L’esempio però dovrebbe aiutarci da un lato a prendere coscienza che se c’è poco pubblico all’Open d’Italia forse il problema non è che non ci sono giocatori ma che c’è poco interesse per il golf. Dall’altro invece ci potrebbe servire a mettere in campo idee per creare appassionati, prima ancora che tesserati.

 

“Mettiamo in campo gli attaccanti, non le riserve”

Apriamo gli occhi: dovremmo essere lo sport del momento! Possono giocare tutti. Il golf è inclusivo per eccellenza, in tempo di “gender equality” siamo l’unica Federazione che riconosce il professionismo femminile dal 1981. Con il sistema di handicap tutti possono sfidare tutti. Si gioca all’aria aperta, distanziati. Ci sono formule per tutte le disponibilità di tempo ed economiche.

Puoi giocare 365 giorni all’anno, in più – lo ripeto, grazie al presidente Chimenti – ospiteremo la Ryder ed è sotto gli occhi di tutti quanto gli eventi sportivi in generale possano portare visibilità e beneficio alla comunità di praticanti, alle infrastrutture ed al Paese.

Stiamo perdendo la partita, è vero. Chi ama lo sport conosce bene il valore e l’importanza della sconfitta che ti forma e fa crescere per vincere le prossime sfide. Ma ora c’è ancora tempo per ribaltare il risultato: non facciamo però l’errore della politica, non convinciamo e convinciamoci che stiamo vincendo! Mettiamo in campo qualche attaccante in più – non le riserve – e … ce la possiamo ancora fare”.

*Andrea Vittorio Vaccaro è vice presidente vicario del CONI Emilia Romagna, è consigliere regionale di Federgolf e nazionale di PGA of Italy.


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Le email dei lettori

Valentino Pezzola
Buongiorno, a mio modesto parere il problema del golf è principalmente il tempo. Io ho iniziato a giocare a 56 anni, quando sono andato in pensione, prima lavoravo dalle 8 alle 17 ditemi voi come fare.

Secondo: i campi nella maggior parte dei casi sono fuori città, altro tempo da sottrarre al già poco a disposizione. Si potrebbero adibire alcuni parchi in disuso nelle città a campi pratica, magari con delle buche pitch e putt. Poi fare accordi con le scuole per iniziare un movimento di ragazzi da avviare alla pratica di questo sport.

Se non si inizia dalla base (giovani), nei campi di golf si troveranno solo Seniores come me o peggio. Ci vuole coraggio, tempo, investimenti, ed una politica del fare.

Praticamente il contrario di quello che si fa oggi in Italia a livello politico. Auguri a tutti buon golf……finché dura

 

Elda Girelli
Prezzi troppo alti sia ai campi pratica che per gli abbonamenti per forza è e sarà uno sport per pochi…

 

G.Carlo Polin
Sono pienamente d’accordo sul contenuto, la federazione dovrebbe pubblicizzarlo in TV in chiaro. I giornali sportivi esempio la Gazzetta dello Sport a volte non portano neanche i buoni risultati dei nostri professionisti.

E poi basta dire che uno sport per ricchi: il costo di un abbonamento in un club annuale e pari al costo che sostiene un fumatore annuale… ( il fumatore si brucia il polmoni, noi all’aria aperta ci ossigeniamo) questo e messaggio che dobbiamo trasmettere..

Un golfista master


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