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L’intervista – Francesco Laporta: dal ‘forza Inter’ con Chicco alle emozioni tenute dentro

di Sauro Legramandi – @Sauro71
E’ il giocatore del momento: Francesco Laporta si racconta al nostro blog ripercorrendo la meravigliosa stagione sul Challenge Tour, spiegando come si allena e cosa ha provato dopo le sue prime vittorie da professionista.

Francesco Laporta

Francesco Laporta

Ripartiamo dal nome. Francesco Laporta ha molto in comune con Francesco Molinari, a partire dalla fede calcistica.
“Esatto, sono interista come lo è lui. Ieri (lunedì, ndr) ci siamo sentiti e mi ha fatto i complimenti. Poi abbiamo parlato di calcio e alla fine ci siamo salutati come al solito, con un bel forza Inter. Siamo amici e ci sentiamo spesso, mi scrive per sapere come va. Lui è anche venuto da me a giocare in vacanza”.

 

Di Francesco Laporta si racconta un aneddoto: Lapo era così forte anche da giovane che in Puglia non c’erano golfisti alla sua altezza. Quindi hai giocato da Roma in su per trovare avversari competitivi. E’ vero?
“Più che altro non c’erano gare al Sud… Ho cominciato a viaggiare per il golf quando avevo 16 o 17 anni e non mi sono più fermato”.

 

E dopo dodici anni in giro per il mondo torni sull’European Tour.
“Sì, nel 2020 torno a giocare lì. C’ero già stato tre anni fa, a 26 anni dopo aver passato la Qualifying School. Ma era troppo presto”.

Francesco Laporta all’Open d’Italia.

Difficile trovare un professionista che ammetta una cosa simile…
“Ero giovane ma in quell’anno ho capito come stare in campo. Ho provato a giocare con i grandi del circuito e ho fatto tesoro di tutto quello che ho visto”.

 

Dopo quella toccata e fuga tre anni di Challenge Tour: un circuito a detta di molti davvero duro. Confermi?
“Vero, il Challenge non è per niente facile. Ci sono tantissimi giocatori forti e pochi spazi per emergere. E’ difficile far bene”.

 

La sensazione è che la svolta sia stata l’Open d’Italia dove sei arrivato settimo. Che ne pensi?
“Prima di giocare all’Olgiata avevo fatto tanti buoni risultati. Ero in un buon periodo di forma e l’exploit di Roma mi ha dato ancora più fiducia e slancio per il finale di stagione dove sono riuscito a vincere due delle ultime tre gare del Challenge. La bella partenza, il tifo, la presenza della mia famiglia mi hanno aiutato da un punto di vista psicologico”.

“Riposo? Sì, due giorni di fila…”

Una curiosità: l’amateur che vince la coppa fragola esulta come Tardelli in Italia-Germania 1982. Tu ad Hainan e a Mallorca hai festeggiato con un sorriso o poco più, proprio come Molinari. Come fai?
“Le due gare erano diverse tra di loro. In Cina cercavo un buon risultato, non per forza il primo posto. Sapevo che arrivare primo, secondo o terzo mi avrebbe permesso di ottenere la carta per il Tour. Sono rimasto tranquillo per tre giorni, come mi suggeriva il mio caddie. Nel quarto, dentro sentivo l’emozione ma sono riuscito a contenerla.

La vittoria in Cina.

In Spagna ero molto tranquillo: la carta l’avevo già presa e ho detto al caddie: pensiamo solo al nostro gioco, prendiamo quel che verrà. Lui all’ultimo giorno mi ha detto: “Il tuo avversario è teso, è più teso di te”. Io gli ho risposto: “Guarda che io non sono teso per nulla”. E poi ho vinto”.

 

Adesso ti godi il meritato riposo?
“Per niente. Mi sono preso due giorni per staccare del tutto ma da giovedì sarò già in campo ad allenarmi e in palestra. C’è una nuova stagione presto”.

 

Un professionista se lo ritaglia un giorno di riposo a settimana?
“Quando non ho gare io mi fermo alla domenica. Mi alleno dal lunedì al sabato: vado in campo alle 9,30 e rimango a seconda della luce. Poi c’è la palestra, tutti i giorni se sono a casa oppure due o tre volte quando sono in gara”.

 

Quando non ti alleni giri un mondo fatto di aeroporti e campi da golf.
“Esatto. Arriviamo di solito al lunedì, mercoledì la prova campo e poi la gara. Giriamo il mondo ma non ne vediamo granché. Adesso devo giocare in Sudafrica, Mauritius, Dubai, Hong Kong: la prima tappa dell’European Tour in Europa sarà ad aprile in Spagna”.

 

Il tuo successo è stato il numero 39 di un italiano all’estero nel 2019. Quello di Zemmer nella Q-School il numero 40. Che significato ha tutto questo per il nostro golf?
“Si tratta di un chiaro segno positivo di un movimento che sta crescendo. In Italia ci sono pochi giocatori ma bravi. Siamo pochi ma buoni”.


Il tuo giocatore preferito?

“Justin Rose”


Come spieghi il suo + 7 del sabato all’Open d’Italia e il -7 ventiquattro ore dopo?

“Il golf è così, quando non gira non gira”.

A Francesco Laporta gira.

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