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La lettera: io, metalmeccanico, gioco a golf al Ctl3 ma ora chiude…

Pubblico un’altra testimonianza che racconta il golf in Italia: il caso arriva dal Ctl3, piccolo campo pratica vicino a Monza, chiuso di recente per questioni legate alla gestione. (s.l.)

“Buongiorno,
mi chiamo Roberto Uselli, ho 54 anni, ho la licenza media inferiore, sono un operaio metalmeccanico e gioco a golf dal 2004.
Sono sempre stato un appassionato sin da ragazzino quando vedevo dei piccoli filmati sul golf sui telegiornali sportivi Rai e mi è rimasto in mente il nome di Giuseppe Cali.

Ho iniziato nel 2004, in primavera presso il campo pratica Ctl3 a Bernareggio (Monza), attualmente chiuso per questioni burocratiche, con un pacchetto da 150 euro per 10 lezioni di mezz’ora. Ne avrò fatte circa cinque di questi pacchetti. Intanto studiavo le regole e l’esame l’ho dato circa un anno dopo ma in quel frangente non sono mai andato in campo a giocare, ho voluto imparare e capire il comportamento da tenere.

Ho cominciato a giocare solo dopo aver fatto l’esame.

“Senza Ctl3 pratico nel box di casa mia

Oggi, invece, mi ritrovo con il problema opposto essendo il circolo Ctl3 chiuso per questioni burocratiche. Devo praticare nel box di casa mia perché se volessi andare a praticare in un altro campo della zona dove abito devo pagare l’ingresso. In questi giorni mi sono arrivate email da parte della mia associazione che diceva e dava la possibilità di iscriversi come secondo campo in due della zona. Il mio problema è che un conto spendere 400 euro compreso tessera andando solo la domenica a praticare, considerando che abito vicino al circolo e che per i residenti esiste una tariffa speciale. Spenderne mille euro e passa non mi sembra giusto.

Non chiedo di essere agevolato ma molti miei amici operai vorrebbero imparare. La soluzione non è quella di arricchire i circoli ma di dare una possibilità alle persone di potersi avvicinare al golf senza spese così esorbitanti. In questo modo si uccide lo sport…

Mi scuso se il mio italiano non è così limpido ma penso di aver fatto capire il senso. Vi auguro una buona giornata. Cordiali saluti”.

Roberto, non si preoccupi: il senso è chiarissimo.


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Le email dei lettori

Bettina & Giancarlo Stopponi: questa è la realtà
“Purtroppo la realtà è questa per il golf in Italia. La mancanza di campi pubblici limita fortemente la crescita di questo sport. Comunque per poter giocare a basso costo ci sono diversi sistemi, come quello di comprare i green fees su internet, oppure giocare con i diversi circuiti di gare che hanno vantaggiosissime convenzioni con vari circoli. A Roma la media del costo gara con iscrizione ad uno dei gruppi é di 35-40 euro, greenfee + tassa gara. Questo evita l’iscrizione ad un determinato circolo. Il costo del driving range è 10 euro più le palline, costo molto variabile. Forza ed auguri per il suo golf. (8 novembre 2019)

 

Gianfranco Manfroni: manca la cultura
“Purtroppo in Italia la cultura per questo sport non è mai stata considerata. A differenza di altri Paesi europei non abbiamo campi da golf pubblici. Questi renderebbero fruibile questo bel gioco ad una platea ben più amplia di praticanti. Magari il CONI potrebbe dire la sua…”. (8 novembre 2019)


Manuel Falsarella: Alex Noren e la Svezia

Buongiorno, ritengo che il nostro collega di gioco Roberto di Monza abbia centrato buona parte del problema. Il golf, sport meraviglioso, deve essere inclusivo e non esclusivo a partire dalle tariffe. Recentemente ho avuto il piacere di conoscere personalmente Alex Noren e i suoi splendidi genitori che mi spiegavano che loro nel circolo più esclusivo di Svezia pagano 600 € all’anno (!!!). Mi spiego ? A mio avviso si deve partire da tariffe più abbordabili e dal creare a tutti i costi un percepito meno di nicchia e più popolare. (8 novembre 2019)

Massimo Petrillo: abbassare le quote
“È meraviglioso vedere la passione di un uomo che fa dei sacrifici pur di giocare a golf. È però triste constatare come i circoli e le amministrazioni comunali non facciano nulla per agevolare gli appassionati meno facoltosi. Finché prevarrà la mentalità di mungere il golfista per far quadrare i conti a fine anno, possiamo dimenticarci la diffusione di questo meraviglioso sport.

Il problema è a monte. Anzichè avere quote alte di iscrizione con “pochi” iscritti, sarebbe meglio avere quote più abbordabili per allargare il numero di praticanti.
Sicuramente i circoli aumenterebbero le entrate perché crescerendo il numero di praticanti, aumenterebbero anche una serie di consumi relativi ai servizi dei club.
Pensiamo ai gettoni dei campi pratica, alle lezioni dei maestri, alle iscrizioni alle gare, alle vendite di bevande e alimenti non solo degli iscritti ma anche degli accompagnatori, familiari e amici.

Insomma, si innescherebbe un meccanismo virtuoso a beneficio di tutti, del golf in primis”. (7 novembre 2019)

Fabio: sport per pochi
“E’ ancora uno sport per poche persone io ho lo stesso problema iscriversi a un club di golf e troppo oneroso”. (6 novembre 2019)

Antonio Tovenati: è la realtà
“Ha ragione Roberto. Bisogna rendere questo sport popolare”. (6 novembre 2019)

Carlo Caputo: è la realtà in Italia
“Mi spiace leggere notizie del genere, che purtroppo sono anche la realtà del golf nel Bel Paese che non è in grado di gestire la situazione. Ed è poi così semplice, basta guardare oltre le nostre frontiere”. (6 novembre 2019)

https://golfando.tgcom24.it/2019/10/30/golf-italiano-in-quale-direzione/

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