Con ogni probabilità Noor Ahmed è l’unica studentessa di college Usa a giocare a golf con l’hijab. Noor ha compiuto vent’anni lo scorso 14 aprile, è una cittadina americana nata ad Austin (Texas) da due egiziani e il suo velo islamico sta attirando parecchie attenzioni. E siccome le comari di un paesino non brillano certo in iniziativa Noor adesso è presa di mira nel modo più semplice e vigliacco, ossia sui social network.
Il disprezzo e la discriminazione, a dire il vero, l’hanno sempre accompagnata. Sguardi strani ed eloquenti bisbiglii le hanno fatto amara compagnia da quando era piccola. Nulla è cambiato quando ha messo piede all’University of Nebraska-Lincoln. “Che io sappia però, qua non sono mai stata minacciata fisicamente – ha raccontato all’agenzia di stampa Associated Press – come invece mi era capitato da giovanissima”. L’infanzia Noor Ahmed l’ha trascorsa ad Austin prima e Sacramento poi dove il padre, Tamer, è un ingegnere civile al California Department of Corrections and Rehabilitation e la madre, Hoda, fa l’insegnante elementare.
“Insultata con ogni parolaccia razzista possibile”
A farle subito capire che vento tirasse da quelle parti ci ha pensato un video messo in Rete poco dopo il suo arrivo a Lincoln. Un anonimo cuor di leone si è auto-proclamato “il nazionalista bianco più attivo nella zona dell’università del Nebraska”, attaccando le minoranze ed esaltando violenza e dintorni. Peccato che nel giro di pochi giorni siano spuntati nome e cognome del nazionalista da college: guarda caso un compagno di corso di Ahmed a biologia. L’episodio non è rimasto isolato: “Sui social mi hanno insultato con ogni termine razzista possibile – racconta -. Mi hanno detto che le persone come me non giocano a golf. Hanno scritto che noi musulmani non abbiamo diritto di esistere in America e di tornarmene a casa mia”. Peccato che casa sua siano gli Stati Uniti.
Lei legge tutto ma non risponde a nessuno come le ha suggerito lo psicologo che segue gli atleti di college. “Non mi scoraggiano quelle parole – prosegue – perché sono testarda. Quelli pensano di demotivarmi invece alimentano il fuoco che c’è in me. Diventerà una giocatrice migliore, diventerò una studentessa migliore”.
Tra golf e scuola
L’incontro tra Noor Ahmed e il gioco del golf (all’epoca senza hijab) avvenne sul campo pratica dell’Empire Ranch Golf Club, il più vicino a casa a Folsom (Sacramento). “Avevo otto anni e all’inizio odiavo il golf – dice Noor – perché lo ritenevo umiliante. Poi ho capito come funziona: questo sport ti restituisce quello che tu investi a livello di tempo e impegno”.
Superato lo choc iniziale fu un crescendo, passando da una mini-clinic con Lorena Ochoa a un piccolo circuito per ragazzini. In quelle gare prima di scendere in campo tutti partecipavano a un breve incontro “tecnico” con un maestro. Tutti tranne Noor Ahmed. “Ero timida e avevo paura. Dopo un anno e mezzo in disparte, la responsabile del circuito, Angie Dixon, mi prese da parte e mi disse che si sarebbe allenata con me. Mi ha cambiato la vita quel giorno. Con lei ho imparato a stare tranquilla sul tee di partenza, a salutare e guardare negli occhi i miei compagni di gioco, a pronunciare il mio nome ad alta voce. Sembrano cose stupide oggi ma Angie per la prima volta mi ha fatto sentire parte di un gruppo. Giocavo a golf con l’hijab e nessuno lo notava più. E chi lo notava non se ne interessava più di tanto. Oggi le cose sono cambiate fino a un certo punto: in campo mi chiedono da quale parte del mondo io provenga. Indossare l’hijab, per molti, corrisponde ancora a non essere americana. “Il tuo inglese è veramente buono” mi dicono, credendomi straniera. Ogni volta che scendo in campo devo dimostrare agli altri che una donna musulmana può essere competitiva e che può esserlo anche con l’hijab”.
Perché il golf con l’hijab
Nessuna imposizione e nessun aut aut dietro il velo islamico indossato da questa giovane americana. Almeno secondo quanto ricorda lei: “Sono convinta che vestirsi con modestia sia un obbligo per le donne. E’ una mia scelta: ho indossato l’hijab a metà della seconda media, pensavo fosse il momento giusto. Ho deciso senza consultarmi con nessuno. Nessun amico, nessun parente”. Purtroppo immaginabili le prime reazioni: dall’oggi al domani sono scomparsi molti amici e molte amiche. “A un certo punto mi è venuto il dubbio: possibile che essere americani debba escludere la possibilità di essere musulmani?“.
Adesso la ragazza di Austin gioca a golf con l’hijab e tiene alto il nome degli Huskers, gli atleti di college della Nebraska-Lincoln. E pur ammettendo di non aver intenzione di diventare una giocatrice professionista (“Mi piacerebbe lavorare nel mondo dello sport di college”), Noor Ahmed ci mette sempre la faccia. “Perché nel basket e nel football ci sono così tanti afroamericani e nel golf no? Se fossi un ragazzo di colore e vedessi uomini di colore giocare a basket o football mi verrebbe automatico avvicinarsi a quello sport”. La prossima battaglia della ragazza che gioca a golf con l’hijab è questa.
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