C’è un retroscena che arricchisce il pasticciaccio brutto di Phil Mickelson di sabato alla buca 13 di Shinnecock Hills. La moglie Amy ha rivelato alla rivista GolfWeek che Lefty, tornato in albergo dopo il caos del terzo giro, ha chiamato la USGA dicendosi pronto a ritirarsi dallo US Open. La disponibilità è stata rifiutata dal ceo, Mike Davis.
“Phil conosce le regole del golf – ha detto la donna – e quando siamo rientrati in hotel, ha acceso la tv e ha capito che tutti parlavano della sua mancata squalifica. Così ha preso il telefono e chiamato Mike Davis. ‘Se sono andato troppo oltre, ho bisogno di ritirarmi immediatamente’ ha detto”. La risposta del ceo è stata più o meno questa: “La punizione che hai avuto è corretta, stiamo rispettando le regole del golf”. La versione è stata confermata dallo stesso Davis.
Tante le domande
L’uscita della moglie inguaia la USGA? Che dietro la follia di Philly ci sia anche un’accusa a chi ha preparato un campo da US Open come quello visto lo scorso weekend? Oppure: che necessità ha un grande giocatore come Mickelson di chiedere se è il caso o meno di fare un passo indietro? Voleva fare pesare politicamente la sua eventuale scelta?
Chi vivrà vedra, per onorare monsieur Lapalisse. Certo, quello di domenica non è stato uno dei migliori compleanni per Phil Mickelson. Lefty ha compiuto 48 anni ma quello che si era compiuto il giorno prima allo US Open non è stato nulla di bello e/o edificante. Per chi non lo sapesse, Mickelson ha colpito la sua pallina ancora in movimento, violando consapevolmente le regole del golf. E’ stato penalizzato ma non squalificato per aver tratto influenzato il gioco di una buca.
La follia di Phil Mickelson
E’ accaduto sulla buca 13 di Shinnecock Hills, un par 4 già nato sotto una cattiva stella per il campione americano. Phil (che non ha mai vinto uno US Open in carriera) aveva perso quattro colpi nelle cinque precedenti buche. Alla vista dell’ennesimo putt fuori misura Mickelson perso la testa e ha rincorso la pallina che stava scivolando in una discesa del green per poi finire chissà dove. Arrivato vicino col putter in mano, Lefty l’ha colpita in movimento spedendola verso il centro green. Quindi ha chiuso quella maledetta 13, marcando otto colpi sullo score più due di penalità. Un par 4 allo US Open chiuso in 10 colpi: non male per chi ha vinto tutto nel golf mondiale eccezion fatta per questa gara.
L’americano ha di per sé violato la regola 14.5 (“Colpire la palla in movimento”) ma soprattutto ha infranto volontariamente una norma del golf traendone vantaggio. La regola 1.2 dice che
un giocatore non deve agire con l’intento di influenzare il movimento di una palla in gioco o alterare le condizioni materiali con l’intento di influenzare il gioco di una buca. In questo caso il comitato può decidere la squalifica.
Una decisione, tanti perché
Allo US Open no. A Phil Mickelson no. Perché? Le ipotesi sono state tante. Phil ha un carisma particolare nel mondo del golf americano, non è l’ultimo rookie del carro. Gli organizzatori della USGA non se la sarebbero sentita di allontanarlo così. Qualcuno allude anche all’importanza dello sponsor. Di fatto lui, a gara finita e penalità subita, si è spiegato. “Se qualcuno si è sentito offeso dal mio comportamento, mi scuso”. Non una parola sul passo indietro.
Che brutto esempio si dà a non squalificare Phil Mickelson dopo quello che è successo alla 13…il golf è diverso da altri sport e secondo me andava squalificato! #usopen
— Edoardo Molinari (@DodoMolinari) 16 giugno 2018
Da notare che Phil Mickelson domenica pomeriggio (chiuso il quarto giro con un ottimo 69 la gara vinta da Koepka) non si è presentato in sala stampa a Southampton , restando a lungo con i suoi tifosi per firmare autografi.
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