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I cambiamenti climatici minacciano il golf inglese – E Trump “diventa” ambientalista

Uno tsunami rischia di abbattersi sulla patria del golf. L’onda anomala che mette a repentaglio i percorsi storici d’Inghilterra si chiama cambiamento climatico. Alluvioni, erosioni e piogge insistenti stanno pian piano intaccando più di un tempio sacro del golf, da Saint Andrews a Troon. E per l’occasione Donald Trump si è riscoperto ambientalista per salvare il suo golf resort a Doonbeg, in Irlanda.

ST ANDREWS Quello del 2015 non è stato un British Open baciato dalla buona sorte… climatica (Foto Afp)

“Un campo di golf che cresca secondo natura e non contro di essa di solito è più interessante da giocare” sostiene un grande del golf, Colin Montgomerie. La citazione è contenuta in un rapporto che ha fatto discutere il Regno Unito negli scorsi giorni. Si tratta del dossier “Game Changer”, ossia uno studio su come il clima stia cambiando il mondo dello sport nella terra d’Albione. E se cambia lo sport cambiano anche le abitudini di vita dell’essere umano. A realizzarlo è la Climate Coalition, organizzazione che raggruppa cento associazioni in giro per il mondo, attive in svariati campi del sociale.

Il cambiamento climatico e il golf

Il clima può deteriorare percorsi sia con la carenza di acqua che con la sua abbondanza. Partiamo appunto dall’Inghilterra. Chi studia i cambiamenti climatici inglesi ha registrato dal 2000 ad oggi almeno sette anni tra i più piovosi della storia. Il 2014 e il 2016, in particolare, sono stati gli inverni più umidi di sempre con livelli di precipitazioni mai visti prima. Tutta quest’acqua dal cielo combinata con l’innalzamento del livello del mare e la seguente erosione delle coste sta pian piano “mangiando e rovinando” il verde dei campi, in Scozia e non solo. Senza intervenire sulle emissioni di carbonio piogge in stile monsoni ed erosioni saranno inarrestabili.

Come detto, lo stesso risultato (ossia percorsi climaticamente modificati) è riscontrabile in altre zone d’Europa partendo da presupposti opposti. La siccità estrema di alcuni punti del Vecchio Continente fa male all’uomo e all’ambiente che lo circonda. Senza precipitazioni adeguate, la superficie di un campo da golf peggiora in qualità, l’erba viene “stressata”, il campo si usura velocemente e soprattutto richiede più acqua.

ST. ANDREWS Un gabbiano sguazza nella pozza d’acqua sulla buca 1 dell’Old Course nel secondo giorno del British Open 2015 (foto Afp)

Torniamo in Scozia dove più di un campo scozzese su sei (sono circa seicento i percorsi da quelle parti) si trova a ridosso della costa: tra loro campi dove si respira la storia del golf, come l’Old Course a St Andrews, Royal Troon e Montrose. Da quelle parti nessuno nasconde ormai il problema: “Il golf è influenzato dai cambiamenti climatici in modo maggior rispetto agli altri sport – dice nel rapporto Steve Isaac, uno dei direttori R&A – ed è per questo che si registrano nuovi periodi di chiusura. Accade anche d’estate con lunghe interruzioni di gare dell’European Tour. Gli esperti parlano di malattie, parassiti e infestanti sempre più fuori stagione. Prendiamo sul serio tutto questo, i manager dei circoli lo sanno”.

A Montrose spostano le rocce da un tee all’altro

Nel rapporto Game Changer l’esempio di come tutto rischi di finire modificato dal clima  si chiama Montrose, ad Angus. “Uno dei cinque campi più antichi al mondo rischia di essere spazzato via dall’innalzamento delle acque del mare e dall’erosione” c’è scritto, a futura memoria. Le origini di Montrose si perdono nella storia del golf: si parla del 1562. Qui  ci ha lavorato e giocato Old Tom Morris.

ANGUS – E’ dal 2014 che a Montrose si cerca di arginare l’erosione della costa. (foto montrosegolflinksgreenkeepersblog.blogspot.it)

Adesso, sei secoli di approcci sono legati a doppio filo al cambiamento climatico. L’università di Dundee nel 2016 ha stimato che il mare del Nord si sia mangiato circa 70 metri di costa negli ultimi trent’anni.

Preoccuparsi è giusto, correre ai ripari necessario: “L’anno scorso abbiamo raggiunto un punto critico perché la roccia che protegge il primo green e la seconda partenza non era più grande a sufficienza. Con una tempesta potremmo perdere fino a dieci metri di fairway in due giorni” lamenta Chris Curnin, direttore di Montrose.

ANGUS – Foto tratta da montrosegolflinksgreenkeepersblog.blogspot.it

Per ora è stata scelta una soluzione tampone: verrà spostata parte della roccia che custodisce il tee numero 3 (uno dei più belli in assoluto, dicono) per aggiungerla a quella erosa al tee numero 2.

“Speriamo di rientrare nello stanziamento di fondi dell’amministrazione comunale di Angus per la salvaguardia delle coste e dell’ambiente” prosegue Curnin. E nel frattempo è stata lanciata una campagna di crowdfunding per raccogliere cinque milioni di sterline.

ST. ANDREWS – Lavori in corso al British Open 2015. (foto Afp)

Fortunatamente qualcosa si muove in Inghilterra: esiste un programma chiamato Green Links che fornisce una serie di criteri da rispettare. Si va dal risparmio delle risorse idriche al controllo dell’inquinamento, dal rispetto per la fauna selvatica alla collaborazione con esperti di ecologia. Chi rientra nei criteri ottiene la certificazione GEO, ossia il timbro della Golf Environment Organization, gruppo no-profit che si occupa di golf sostenibile.

Il problema non riguarda solo il golf: lo stesso discorso vale per molti campi da calcio inglesi, per il cricket e per lo sci.

A Trump interessa il clima… per il suo resort

Carbonio, innalzamento del livello dei mari ed erosione non guardano in faccia a nessuno. Così tra le vittime del cambiamento climatico c’è un campo scozzese di proprietà di Donald Trump. Si tratta del Trump International Golf Links & Hotel Ireland, acquistato dalla Trump Organization nel 2014 a Doonbeg, nella contea irlandese di Clare. Il presidente, si sa, è un grande appassionato di golf, al punto da giocare anche con i leader mondiali.

DOONBEG – La clubhouse del Trump International Golf vista dalla spiaggia della Doughmore bay, a Doonbeg. (Foto Afp)

Il percorso è delimitato dal mare e il progressivo avanzamento di questo ha messo a rischio l’investimento nel settore del golf e del turismo. Quindi quel cambiamento climatico che non preoccupa minimamente il Donald Trump presidente degli Stati Uniti non fa dormire sonni tranquilli al Donald Trump imprenditore. Così il management del Trump International ha trovato la soluzione: costruire due barriere in roccia in modo da difendere il campo dal mare, sconfiggendo il cambiamento climatico.

Una richiesta che ha allarmato subito gli ambientalisti dell’ovest dell’Irlanda, preoccupati dall’impatto di una simile diga sull’ecosistema. Nel dicembre 2017 è arrivato il via libera dalla Contea di Clare e la barriera rocciosa (in due tranche, una di 630 metri e l’altra di 260) verrà presto edificata.

DOONBEG – Una veduta aerea del resort di Trump

Secondo la direzione del club non costruire quella specie di muro comporterebbe la perdita di posti di lavoro nel breve periodo e, a lungo andare, la chiusura dell’intero resort con evidenti ricadute sulla comunità di Doonbeg. Si è mosso addirittura suo figlio Eric Trump che ha dichiarato in tempi non sospetti: “Tutti vogliono vedere aperto Doonbeg, nessuno vuole che il mare se lo porti via perché senza golf non ha senso un hotel qua”.

ST. ANDREWS – Clubhouse bagnata… (foto Afp)


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