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Henrik Lundqvist, dalla Svezia alla Costa d’Avorio per insegnare il golf ai bambini più poveri

di Sauro Legramandi

Ci sono molti modi per essere Babbo Natale. Henrik Lundqvist ha scelto di farlo lontano 6168 chilometri dalla sua Stoccolma. Al posto degli stivali un paio di scarpette chiodate. Al posto della slitta la golf car. Il sacco con regali e fiocchetti diventa una sacca con ferri, tantissime palline e una speranza. Quest’anno Lundqvist ha salutato la Svezia per trascorrere parecchie settimane su e giù per la Costa d’Avorio. Lo ha fatto per far provare il golf a migliaia di bambini che definire poveri è un eufemismo. L’ambiziosa idea rientra nel progetto Golf for all. A trasformarla da teoria in pratica è il cosiddetto Team STL, ossia sport, turismo e tempo libero (la l sta per loisir).

YAMOUSSOUKRO Una giornata in campo pratica in Costa d’Avorio (foto AFP)

Henrik Lundqvist, ufficialmente professionista all’Ullna Golf Club di Stoccolma oltre che coach della nazionale belga, è un membro di quel team. “A novembre sono stati 18mila i bambini che hanno provato a colpire una pallina – dice orgoglioso a Golfando – A tutti è piaciuto, ne erano entusiasti”.

E dire che tutto era iniziato quasi come una sfida. “Nel 2015 sono stato contattato da Francis Hollogne, responsabile di un circolo belga mentre guidavo gli allenatori della Federgolf belga. Francis voleva che creassi la squadra ivoriana per Rio 2016. Quando ho visto squadra e attrezzatura mi sono detto: ‘Ok, è la mia occasione per far qualcosa di buono e aiutare questa gente’. Ho promesso che avrei fatto avere loro diecimila palline, mazze e altrettante paia di scarpe. Così è stato. Sono ritornato in Africa con 22 tonnellate di materiale”.

[bctt tweet=”La storia di Lundqvist: insegno il #golf ai bambini poveri della Costa d’Avorio. Mi basta un sorriso e…” username=”golftgcom”]

“Henrik Lundqvist, dargli un panino invece di una mazza da golf?”

Chi è arrivato fin qua nella lettura l’avrà sicuramente già pensato: “Dare cibo invece di mettergli in mano una mazza da golf no?”. Dalla Svezia senza timore arriva la risposta: “Con le mie clinic riesco a far avere a quei ragazzi soldi per il cibo, vestiti e qualcosa per pagare le rette scolastiche. Li voglio portare in campo e far crescere, aiutarli tramite lo sport.

Chi gioca a golf lo sa già: questo sport è un mezzo per insegnare a vivere rispettando le regole. Proprio come nella vita di tutti i giorni. Se sposto una zolla, la devo riparare. Se finisco nel bunker, lo devo rastrellare. Quando giocano gli altri aspetto il mio turno in silenzio. Se la pallina di un altro finisce tra gli alberi lo aiuto a cercarla. Il rispetto prima di tutto. Devo lasciare ciò che mi circonda proprio come l’avevo trovato, se non addirittura meglio. Non sono forse queste le stesse regole della nostra vita?”

YAMOUSSOUKRO -Una giovane promessa? (foto Afp)

Henrik Lundqvist, Hollogne e gli altri hanno aperto le porte dell’esclusivo President Golf Club di Yamoussoukro a figli di contadini, pastori e operai. Li hanno fatti praticare laddove fino a qualche ora prima mettevano piede solo i più ricchi e privilegiati del Paese. Bambini nati e cresciuti nel malfamato quartiere di Dioulabougou si sono messi in fila con un ferro in mano. Hanno provato a far volare una pallina il più lontano possibile. Una di loro, Jessica, 10 anni, ha le idee chiare:  “Mi piace il golf. Il mio sogno è diventare una giocatrice internazionale e lavorare per la Banca Mondiale” ha detto a un quotidiano locale.

[bctt tweet=”#Golf for all: insegnare questo sport in Costa d’Avorio per dare una chance davvero a tutti i bambini” username=”golftgcom”]

Uno sport oggi, un lavoro domani

E una speranza sempre: “C’era un piccola sordomuta di otto anni – dice Henrik Lundqvist – che ha provato a giocare davanti a me. Si è avvicinata, mi ha tirato la maglietta affinché la guardassi mentre giocava. Pian piano ci ha preso gusto, è diventata brava per la sua età. La voce è girata, arrivando alle orecchie dei dirigenti della Rand Gold, società che gestisce una miniera d’oro. A loro spese l’hanno mandata in ospedale dove le è stato applicato un apparecchio che le permette di sentire. Un giorno forse parlerà anche. Ma di storie come questa ce ne sono molte, credetemi”.

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E a chi pensa che il golf sia ancora roba da ricchi cosa diciamo? “Il golf è stato il mio lavoro per tutta la mia vita – ammette -. Sono stato pagato per giocare e insegnare. Ora è il momento di restituire quello che lo sport mi ha dato. Voglio aiutare questi bambini ad avere un futuro. Offro loro la possibilità di provare, magari con un pranzo dopo aver tirato la pallina: loro mi sorridono e mi riempiono il cuore di gioia”.

Non è forse la stessa sensazione con la quale viene ricompensato Babbo Natale dopo ogni viaggio con stivali, renne e sacco vuoto?

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