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Michele Ortolani: io professionista Nerd e infortunato vi scrivo perché vivo di golf

di Michele Ortolani @MicheleOrtolani

Nel golf succede anche questo: chiedi a un professionista come Michele Ortolani se gli va di scrivere un post e lui ti ricambia con questo bellissimo racconto sulla sua vita. A 22 anni Michele parla della difficoltà di crescere golfisti in un mondo di calciatori, di come reagire psicologicamente alla rottura del polso e del recente viaggio a Manhattan che gli ha cambiato la vita. E dedica un pensiero a Chicco Molinari ed Andrea Pavan.

A lui va un GRAZIE scritto grande così, ai lettori e ai direttori di circolo un invito: condividete questo post. (s.l.)

Michele Ortolani

“Punti di vista di un golfista professionista Nerd e infortunato (per poco!)”

Per chi non mi conoscesse il mio nome è Michele Ortolani. Sono un giocatore di golf professionista dal 2015 (sono già passati tre anni?!?) e attualmente sono in convalescenza , ormai verso la fine, dopo essermi rotto il polso il 10 agosto.

Probabilmente vi starete immaginando un ragazzo che si rompe il polso in stile Tiger Woods alla buca nove di Augusta durante il secondo colpo dell’ultimo giro nel 2015. Invece me lo sono tristemente rotto tirando un drive.

Oltre a qualche imprecazione uno si chiede come sia possibile che si sia rotto così stupidamente, però è una domanda alla quale forse non otterrò mai una risposta.

Questi due mesi di stop dal golf sono stati per me estremamente difficili, ma soprattutto interminabili. Sono passato da una routine giornaliera in cui uscivo di casa alle 9 e tornavo alle 19 alla nullafacenza più totale. Tutto d’un tratto bum… mi sono ritrovato con la pancia per aria.

I miei anni da professionista non sono stati assolutamente facili fino ad ora . Ti ritrovi all’improvviso a doverti organizzare le gare, non sei più seguito dal tuo coach tutte le settimane ma, soprattutto, ti scontri contro giocatori formati. Giocatori che spesso hanno già una famiglia sulle spalle e tantissima esperienza. L’esperienza vince sempre sulla qualità, mentre da dilettante spesso la qualità vinceva sull’esperienza. Tutto questo miscuglio mi ha portato in una sorta di penombra dalla quale non è facile uscirne.

Ko e al bivio: bicchieri mezzo pieno o…?

Michele Ortolani

Ecco come il ruolo dell’infortunio torna. Ci sono due tipi di reazione: la prima è piangersi addosso e subire la situazione (bicchiere mezzo vuoto); la seconda invece è prenderne atto e reagire (bicchiere mezzo pieno). Io fortunatamente ho optato per la seconda ma non ci è voluto poco.

All’inizio mi sono dedicato al relax totale. Ho vissuto qualche settimana senza impegni, senza sveglie e con un pizzico di divertimento con gli amici. Dopodiché sono passato alla mia seconda passione ovvero la tecnologia, in fattispecie i telefoni e computer. Non ho fatto acquisti o costruito computer da solo come qualche annetto fa (sì, sono in grado di assemblare pc). Ho passato intere serate a guardare video su YouTube. E’ anche per questa ragione che mi chiamano Radio Ortolani: mi piace tantissimo informarmi e leggere sia di tech che di qualsiasi altra cosa…quindi ho spesso una risposta per tutto (avrò preso da mio padre).

Fondamentalmente ho passato il primo mese a scappare dalla realtà, però poi ho dovuto fare i conti con il diavolo. Quest’anno è stato un intreccio di emozioni, all’inizio è stato fantastico: Sono partito con un secondo posto ed un terzo, ero tra i primi cinque nel ranking e tutto filava liscio. Poi ho avuto un blocco. Saranno state le aspettative oppure il mio eccessivo perfezionismo nella tecnica oppure qualche outfit sbagliato: sta di fatto che ho mancato cinque tagli in sei gare e tutto quello che avevo costruito si è sgretolato. Forse il polso ha semplicemente eseguito quello che il mio subconscio mi diceva di fare da tempo: FERMATI.

[bctt tweet=”Ortolani: dopo il ko ho passato il primo mese a scappare dalla realtà. Poi ho dovuto fare i conti con il diavolo” username=”golftgcom”]

A New York tra Dante, grattacieli e zen

Io, Michele Ortolani, sono un tipo molto riflessivo e quest’ultimo periodo l’ho voluto dedicare ad una introspezione. Dunque ho chiesto a mio padre di mandarmi a New York ospite per otto giorni da un amico di famiglia. Così ho fatto la valigia e sono volato via dall’altra parte del mondo con un solo obbiettivo: non sai da cosa parti, ma vuoi sapere verso cosa torni. E così è stato. Ho lasciato che le strade iper-affollate di Manhattan e i suoi giganteschi grattacieli mi abbracciassero e mi facessero ragionare come i monaci buddhisti in pace zen.

Ortolani al Terre dei Consoli

In questo viaggio quasi dantesco continuavo a farmi la solita domanda: perché sto vivendo questa vita? Allora ho fatto un bel flashback e sono partito dagli anni in cui passavo intere giornate in putting green. Ero talmente cocciuto che mio padre partiva per la gara alle 10 e mi ritrovava ancora lì alle 15. Sono passato per gli anni delle medie e del liceo, anni in cui faticavo ogni giorno per andare a scuola (grazie a Dio ne ho saltati tanti) perché entravo in un mondo che non mi accettava . Non ero accettato da nessuno, né dai compagni, né dai professori. Chi giocava a golf era visto come un molliccio, che non aveva voglia di fare nulla e che cercava ogni scusa buona per saltare la verifica.

“Giochi a golf? Sei molliccio”

E pensare che andavo anche in una gran bella scuola, quindi i discorsi pseudo-comunisti sul golf da ricchi non stanno in piedi. E’ proprio un discorso di cultura. Viene accettato solamente il calcio. Non ho mai avuto nulla contro il calcio, sicuramente non lo amo per mille motivi, ma non per questo disprezzo chi lo pratica. Perfino un membro del mio team è un calciatore quindi evviva la sportdiversità.

[bctt tweet=”Ortolani: da bambino me ne fregavo di un insuccesso. Adesso mi faccio qualche domanda, direi qualcuna di troppo!” username=”golftgcom”]

Quegli anni però come il golf è stato il mio più grande handicap per la scuola, è stato il mio miglior handicap per la vita nei campi. Passavo tutta la settimana a guardare le sbarre dei giorni della settimana avvicinarsi sempre di più al fatidico venerdì mentre cercavo in tutti i modi di bloccare l’arrivo della tanto odiata domenica. Al golf ero visto come il bambinetto che non aveva pensieri. Io Michele Ortolani mi mettevo lì e tiravo, non mi importava come, non avevo paura di ostacoli, nulla, solo l’obbiettivo.

Questo è stato il primo spunto. Come ho fatto a perdere quell’istinto? Come direbbe Pascoli è che con il tempo perdi il fanciullino che è in te. Lo perdi con tutte le sberle in faccia che prendi, con gli insuccessi, con le fatiche . Dopo un insuccesso da bambino me ne fregavo e non avevo paura. Adesso invece mi faccio qualche domanda, direi qualcuna di troppo!

 

“Io Michele Ortolani unico birillo rimasto in piedi al bowling”

Il secondo spunto di riflessione è stato semplicemente guardandomi intorno a Manhattan e chiedermi: Michele Ortolani, secondo te sei fatto per questa vita? La vita frenetica del prendere la metro per arrivare in ufficio? La vita di dover stare dietro ad una scrivania? Se così fosse dietro quale scrivania vorresti stare? Ecco, in quel momento la magia di New York si è un po’ spenta. Non si è spenta perché non sapessi rispondere, anzi… .

La risposta a ciascuna di quelle domande mi ha catapultato improvvisamente da un mondo di coccole ad un mondo estraneo. Io non sono fatto per vivere così, io sono fatto per stare in un campo da golf, punto e stop. Mi sono sentito come l’unico birillo rimasto in piedi dopo un tiro a bowling. Solo e sfigato. Finalmente avevo trovato la strada verso casa. Ci ho messo quasi sette giorni su otto per arrivare a quella conclusione, quindi ho avuto modo di godermi la città tranquillamente.

 

“Francesco Molinari ci ha regalato un sogno”

Il terzo spunto l’ho avuto mentre ero in aereo durante il ritorno. Non ho dormito perché il mio cervello andava a duemila. Finalmente tutto aveva un senso. Ho pensato alla grande impresa di Chicco Molinari, di come passo dopo passo abbia seminato tutto quello che sta raccogliendo. Mi ero emozionato ovviamente nel vedere trionfare il Cuzzo nazionale il 22 luglio ma, ripensandoci in volo, è stato da lacrimuccia. Quell’uomo ha dato a tante persone, ma sopratutto a noi professionisti, il sogno che anche un major è raggiungibile per un italiano.

Francesco Molinari & Claret Jug, che coppia !!! (foto Afp).

Tu che con il duro lavoro ti sei trovato alla fine di quella splendida settimana senza nemmeno un bogey nel weekend e tu che, con una freddezza estrema, hai sbattuto la porta in faccia a Tiger e gli hai detto: “Scusa ma questa volta è il mio turno”.

 

“Grazie Andrea Pavan, sei un esempio”

Andrea Pavan

Ho pensato anche al nostro Andrea Pavan. Incredibile il percorso che ha fatto e sta facendo. Ho la fortuna di conoscerlo e sopratutto la fortuna di averlo visto durante la sua rinascita. Vi assicuro che non sto usando questo termine per nulla, è stata una vera e propria rinascita.

Ricordo che ad agosto 2017 eravamo in Finlandia per una gara del Challenge Tour nella quale ho partecipato su invito.A causa del maltempo e del freddo, il sabato mattina il lato del campo pratica dei giocatori “tagliati” era un po’ troppo popolato da italiani. Tra di noi quello forse più in difficoltà era Andrea. La situazione mi aveva lasciato a bocca aperta. Tirava delle frecce con i ferri che nemmeno Robin Hood era in grado di fare ma appena toccava il drive non bastava nemmeno il driving range. Quello forse è stato il suo basso. Ma è proprio per questo che lo stimo. Nel giro di tre mesi ha invertito una tendenza che, golfisticamente parlando, sembrava essere la sua condanna. L’ha trasformata in uno dei suoi punti forti fino ad arrivare ad una vittoria sul tour. Onestamente è incredibile.

Si è messo in gioco e, nonostante tutte le porte in faccia, ha continuato a bussare e a bussare. Non si sa se gli abbiano aperto oppure abbia spaccato la porta, ma quel che conta è che sia riuscito ad entrare. Una volta superati questi periodi dove passi dal rischio di perdere lo status sul Challenge alla vittoria sul Tour non hai più paura di niente. Grazie Nello per ispirarmi così tanto, sei un esempio.

“E adesso? Non mollare mai”

Il quarto e ultimo spunto è stato semplicemente scendere dall’aereo e mettere i piedi in una vita in cui voglio vivere e non vedo l’ora di tornare. Una vita nella quale mi sono dato come obbiettivo come Michele Ortolani quello di non mollare mai e, di fronte alle paure, di avere il coraggio di buttarsi.


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