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I casi J.B. Holmes e Tiger Woods: qualcosa deve cambiare nel golf

Sembra non finire mai l’edizione 2018 del Farmers Insurance Open. Prima l’atteso rientro in gara di Tiger Woods. Poi le cinque buche di spareggio di domenica tardo pomeriggio. Quindi la vittoria di Jason Day lunedì mattina alla sesta buca di playoff. E ora i casi J.B. Holmes e Tiger Woods dove il primo è carnefice e il secondo vittima. In entrambi gli episodi qualcuno prima o poi dovrà intervenire. Come auspica Chicco Molinari che, rispondendo a un nostro tweet, scrive che…

J.B. Holmes

SAN DIEGO J.B. Holmes sul tee della buca 5 a Torrey Pines (foto Afp)

J.B. Holmes e quel tiro preparato per oltre 4 minuti

John Bradley Holmes, impegnato nell’ultimo team a Torrey Pines con Alex Noren e Ryan Palmer, si è preso un po’ troppo tempo prima di effettuare il suo secondo colpo alla buca 18. Un po’ troppo è sicuramente un eufemismo visto che, cronometro alla mano, ci sono voluti quattro minuti e dieci secondi prima di colpire la pallina. Quattro minuti e 10 secondi. Ossia 250 secondi. Ossia un’infinità. Il tempo previsto per ogni colpo infatti è di 40 secondi al massimo. Logico immaginare che la concentrazione di Noren e Palmer sia stata messa a dura prova, se non fatta saltare del tutto.

Ripercorriamo velocemente quell’ultima buca. Sul tee di partenza Alex Noren è leader a -10 con Jason Day (quasi già in clubhouse). Buono il suo tee shot: posizione centrale con vista sul green. Si tratta di un par 5: lo svedese può arrivare in green con il secondo colpo e puntare al birdie che gli varrebbe la prima vittoria in carriera sul PGA Tour.

Ryan Palmer ha un colpo da recuperare ma può sognare di agganciare i due di vetta in caso di volata finale a tre. Il tee shot lo tiene ancora in gara,

Holmes necessita invece di un eagle per restare in partita. Quell’eagle diventa quasi un miracolo dopo il tee shot: a destra, a 217 metri dalla bandiera molto ben difesa anche da un ostacolo d’acqua.

Quando tocca a lui, Holmes valuta prima di tutto il ferro da usare. Lo sceglie dopo parecchi secondi. Poi pensa al vento, alla distanza e si consulta col caddie. Poi ripensa al vento, alla distanza e al caddie. Così per 250 lunghissimi secondi, alla settantaduesima buca giocata in quattro giorni a Torrey Pines. Il tutto in diretta tv e senza che nessun marshall intervenga per sollecitare il compagno di team. Perché? Mistero.

Alex Noren esegue il colpo in 26 secondi

Se non si spazientisce, quantomeno Alex Noren si deconcentra. In 250 secondi pensa e ripensa al colpo che potrebbe valere 1,2 mln di dollari in palio. Così cambia il ferro scelto inizialmente.

Dopo quattro minuti e 10 secondi J.B. Holmes sceglie cosa fare e piazza un lay up (!).

Noren esegue la sua routine in 26 secondi e va lungo, con la pallina che s’infila nel tunnel che conduce dalla buca 18 alla clubhouse. Dopo aver droppato, lo svedese chiude in par, finendo al playoff con Palmer e Day. Il playoff dura fino all’oscurità (la CBS non lo trasmette vista la concomitanza con i Grammy Awards). Quel playoff lunghissimo costringe lo staff del PGA Tour, di sponsor, delle tv e dei giocatori a restare un giorno in più a San Diego, con alberghi e aerei da prenotare di nuovo.

SAN DIEGO Alex Noren droppa senza penalità a bordo green della buca 18 nel giro finale del Farmers Insurance (foto Afp)

Un bel casino insomma provocato anche da quei quattro minuti e dieci secondi di J.B Holmes.

Subito su Twitter sono arrivate le prese di posizione di parecchi giocatori sul Tour che hanno chiesto di sanzionare il comportamento di Holmes. Lui per il momento non ha risposto. Solo a quaratotto ore dalla fine della gara, il 35enne ha rotto il silenzio. “Io e il mio caddie non siamo accorti che fosse passato così tanto tempo – ha detto a Golf Channel – . Abbiamo studiato il tiro migliore per restare in gara. Spero di non aver intralciato Alex Noren”.

E dire il gioco lento e quindi i tempi lunghi per gli spettatori in tv è uno degli ostacoli che tutti si promettono di superare. Non a caso a giugno l’Austria testerà il Shot Clock Masters: chi sfora dai quaranta secondi avrà un colpo di penalità.

L’urlo “in the hole” fa saltare i nervi a Tiger Woods

Come detto se J.B. Holmes è stato carnefice a Torrey Pines, Tiger Woods è stato vittima. La maleducazione e la non sportività (non sono sinonimi) hanno purtroppo vinto alla buca 13. Si tratta di un par 5 che Tiger stava per chiudere in parità: tra lui e il par un putt per nulla impossibile. Studiata la traiettoria e con la linea ideale in mente, Woods inizia il movimento ma dietro di lui qualcuno si mette a urlare “in the hole”. Un urlo così fa saltare concentrazione e par. Tiger Woods perde un colpo ma anche il golf americano non ci esce benissimo.

Anche stavolta sono gli stessi giocatori a mobilitarsi. Lo dimostra questo tweet di Emiliano Grillo. L’autore dell’urlo è stato identificato e allontanato dal percorso. Nella speranza che non ci rimetta più piede.

Quel tizio ha evidentemente scelto la vittima del suo urlo, uno dei più forti giocatori della storia e con impatto mediatico. Le conseguenze sono state “ridotte”. Ma proviamo a pensare se “in the hole” a putter ancora in pugno fosse stato urlato a Noren, Day o Palmer in questa gara: cosa sarebbe successo? E se qualcuno urlasse a fine stagione quando i giocatori sono a caccia della carta per l’anno successivo?

Il tweet di Francesco Molinari

Il caso non finisce qua, speriamo. Servirebbe una sorta di “daspo” per spettatori del genere, una black list di persone non desiderate in un torneo PGA Tour oppure European Tour. Sul singolo episodio ho chiesto un’opinione a Francesco Molinari che, con Matsuyama, faceva parte del team di Tiger Woods. Chicco, durante una serie di tweet sullo stato di forma di Tiger, mi ha gentilmente risposto con il seguente tweet.


Hai dubbi sull’interpretazione delle regole o domande su alcune regoli locali? Clicca qua e ti risponde un esperto nella nuova rubrica del nostro blog.


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