Tiger Woods è finito sotto i ferri di un chirurgo per la quarta volta in tre anni. Il 41enne ha annunciato di essersi sottoposto all’ennesimo intervento per “ridurre il dolore alla schiena e alla gamba”. Lunghi, lunghissimi i tempi di recupero: sei mesi.
Il fulmine a ciel sereno arriva dalle pagine del sito ufficiale. Ad eseguire l’intervento è stato il professor Richard Guyer, in servizio al Texas Back Institute. “L’operazione è andata bene – fa sapere Tiger Woods – e sono ottimista”. Tecnicamente parlando, Tiger presentava “una riduzione dello spazio interdiscale nella colonna lombo sacrale a livello L5-S1 con una fusione dei due dischi vertebrali“. Ne seguiva sciatalgia, dolori alla schiena e alle gambe.
Nulla trapela su quando sia finito sotto i ferri ma deve essere una cosa recentissima. Probabilmente addirittura di giovedì stesso, poche ore prima del comunicato stampa. Non più tardi di martedì Tiger Woods aveva partecipato alla presentazione del progetto per un nuovo campo da golf in Missouri. Il nuovo 18 buche si chiamerà “Payne’s Valley” (evidente il richiamo a Payne Stewart) e verrà realizzato alla periferia della città di Branson entro il 2019. A favore di telecamere e giornalisti, l’ex numero 1 al mondo aveva anche tirato qualche pallina.
[bctt tweet=”Tiger Woods: voglio giocare con i miei figli, gareggiare e non dover più soffrire” username=”golftgcom”]
Se non si conoscono i tempi dell’intervento, si sa invece che è iniziato un periodo di riposo assoluto. Si parla di alcune settimane di stop totale: poi la riabilitazione e il recupero. Ogni essere umano reagisce a modo suo ma nella media il rientro all’attività si aggira, come detto, attorno ai sei mesi.
Tiger Woods, storia di un rientro mai avvenuto
Il 41enne è praticamente fermo dall’agosto 2015 quando chiuse decimo al Wyndham Championship. Da allora tre fugaci apparizioni. La prima, nel dicembre 2016 all’Hero World Challenge a New Providence, Bahamas: Tiger fece ben sperare in avvio ma poi finì male. La seconda a gennaio, al Farmers Insurance Open: a Torrey Pines non passò il taglio. La terza qualche giorno dopo, a febbraio all’ Omega Dubai Desert Classic. Tiger gettò la spugna per il dolore alla schiena avvertito dopo la cena al termine del primo giro. E Woods si ritirò dopo così il primo giorno.
Poi mal di schiena e vuoto: niente gare programmate, niente Arnold Palmer Invitational e niente Augusta Masters.
Tiger Woods e le parole da interpretare
“Una volta guarito, non vedo l’ora di tornare alla vita normale per giocare con i miei figli, gareggiare nei tornei pro e non dover più convivere con i dolori che mi hanno tormentato” ha scritto Tiger nella nota sul suo sito. Parole che ricordano quelle usate all’indomani del primo intervento alla schiena nel marzo 2014 e in quelli del settembre e dell’ottobre 2015. Parole che ognuno è libero di interpretare a proprio piacimento. Qualcuno ci può scorgere anche l’anticamera di un passo indietro dal golf.
Quella dell’addio è una lettura legittima. Tiger Woods, non va scordato, è stato la storia del golf recente. Ha vinto 79 gare sul PGA Tour, quaranta sullo European Tour. Ha in bacheca 14 major, in banca un conto da sceicco. E’ stato ininterrottamente in vetta al ranking mondiale per 264 settimane prima (da agosto 1999 a settembre 2004) e 281 poi (giugno 2005-ottobre 2010). Oggi è 788esimo.
Tiger Woods ha ancora un futuro sul green?
L’ultima affermazione è datata fine 2013: si tratta del successo al The Players Championship, giocatosi a Sawgrass. Strabiliante quel 2013 con Tiger che vinse cinque gare…
Brutto, per non dire bruttissimo, parlare del passato e del presente di Eldrick Tont Woods, da Cypress (California). Ma Tiger ha un futuro sul green? Se lo chiedono in molti. Se lo chiedono i suoi veri tifosi, memori delle sue gesta. Se lo chiedono i detrattori, sempre pronti col “l’avevo detto io che era finito dopo il sexgate del 2009”. Se lo chiede chi non vuole vedere nel fenomeno del golf mondiale un ex giocatore tenuto tra i pro solo da mere ragioni economiche.
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